Leggere una buona intervista, di quelle che ti tengono incollato al testo sino all’ultima domanda, è un evento raro persino più di un leghista colto. Quella di Massimo Rospocher a Carlo Ginzburg pubblicata sul numero 464 de “la Lettura” (a mio avviso il miglior supplemento culturale in circolazione) mi è parsa magistrale. Perimetro d’indagine di Ginzburg è la storia della mentalità e della cultura popolare tra il XVI e il XVII secolo, con particolare attenzione ai problemi metodologici e ai rapporti tra ricerca storica e altri ambiti disciplinari.
Tema centrale dell’intervista, il cui pretesto è la pubblicazione della nuova edizione de “I Benandanti”, è il ruolo che l’elemento inconscio ed emotivo svolge nel modo di intendere il mestiere di storico. Afferma Ginzburg: “la consapevolezza del peso che hanno i pregiudizi, consci e inconsci, nella ricerca, deve accompagnarsi alla consapevolezza dell’importanza di provare, nei limiti del possibile, i risultati raggiunti. Nata da impulsi (anche) irrazionali, la ricerca storica deve essere sottoposta a una verifica razionale”. Rispondendo alla domanda su come funziona la falsificazione di un’affermazione storica ricorda: “Una domanda del genere, in un un mondo invaso dalle fake news è più che mai attuale. Anche la negazione del Covid 19 è una fake news, nata dal pregiudizio ideologico e dal disprezzo nei confronti delle prove di fatto. Analizzare attraverso casi specifici l’intreccio di elementi irrazionali e razionali, di pregiudizi e di prove, che costituisce il tema della ricerca, approfittando della coincidenza anagrafica tra quello che siamo oggi e quello che eravamo una volta, mi pare, oggi più che mai, un esercizio indispensabile”.
Distinguere il vero dal falso, ovvero la ricerca della verità, pare sia tornato nuovamente di moda dopo la lunga ubriacatura postmodernista. Ginzburg lo definisce un esercizio indispensabile, a me pare sia invece addirittura vitale. Il matematico René Thum sostiene che il vero nemico del vero non sia il falso, bensì l’insignificante. E’ questo il pericolo più grave che corrono le società democratiche: il diluvio di sciocchezze insignificanti che occupa il tempo e il (limitato) spazio mentale degli individui è la più tristemente efficace forma di censura mai inventata.