Un’estate con Proust

By on Lug 19, 2015 in Contemporaneità, Letteratura

Quello che è toccato in sorte alla Recherche è in tutto e per tutto simile al destino dell’Antimafia e della Resistenza: se ne straparla a sproposito, se ne fa professione producendo badilate di retorica dell’ignoranza. Il veleno migliore, oltreché il più sicuro, per ammazzare qualsiasi cosa per sette generazioni consecutive.

Per l’Antimafia e la Resistenza, quest’ultima il più nobile atto di ribellione politica e civile di un popolo altrimenti aduso alla servitù, non c’è più speranza, svuotate come sono entrambe di senso e significato dalla indefessa opera dei normalizzatori di regime, e anche la Recherche – detto per inciso, una volta per tutte e tutto d’un fiato: il punto più alto e (probabilmente) conclusivo della letteratura occidentale così come siamo abituati a concepirla – non sta molto bene.

Come accade a tutte le opere che amiamo definire “classici”, ovvero ciò che quasi nessuno ha mai letto, la Recherche imponente eppur discreta, farà magnifica mostra di sé nella libreria di casa donando al proprietario quella certa allure che tanto piace alle signore, e ad ogni signora il fascino pericoloso e irresistibile delle femmine pensatrici. Dopodiché non è affatto necessario leggerla. Perché perdere tempo con un romanzo-saggio sul tempo perduto che dura la bellezza di 3.000 pagine? (e meno male che è morto presto, verrebbe da dire, sennò andava avanti a scrivere all’infinito seduto sul suo letto al 44 di rue Ammelin). Basterà citare uno o due episodi (raccomando vivamente di tralasciare quello del-biscottone-pucciato-nel-te-il-pomeriggio-freddo-d’autunno, che è ormai sdato). Per quanto riguarda l’arte di citare cose che non si conoscono e fare buona figura in società, maestro assoluto è Gustave Flaubert (cfr. “Dizionario delle idee correnti e nel “Catalogo delle idee chic”).

Del resto, quando la soglia dell’attenzione non supera le classiche tre righe o i 140 caratteri di uno stupido tweet, forse la letteratura ha lo stesso senso che potrebbe avere un tovagliolo di Fiandra per un cavernicolo; il grave è che la morte della letteratura temo corrisponda (e preannunci la morte) della cultura Occidentale come l’abbiamo sino ad oggi intesa, e insieme ad essa l’idea stessa di democrazia.

Non è un discorso da iscritto al partito degli apocalittici per via del caldo che pure indiscutibilmente annebbia le menti. L’incapacità di leggere e di comprendere il significato di un testo breve ed abbastanza idiota come il bugiardino di un farmaco da banco è stata denunciata da Tullio De Mauro (lo trovate qui: http://www.corriere.it/cultura/11_novembre_28/di-stefano-italiani-non-capiscono-la-lingua_103bb0fa-19a8-11e1-8452-a4403a89a63b.shtml). Il risultato è che il 71 % degli italiani è semi-analfabeta, altro che leggere la Recherche. Un fatto che rende possibile se non probabile il trionfo dell’idiozia di massa che ci consegnerà definitivamente al populismo.

Eppure, nonostante tutto, una buona notizia c’è. Piccina, ma c’è. Tra l’insopportabile chiacchiericcio dei troppi così detti “specialisti”, l’orrida genia di professionisti del biscottone-pucciato-nel-te-il-pomeriggio-freddo-d’autunno in tutto e per tutto simili ai professionisti dell’Antimafia siciliani, che usano la Recherche come sterminato, infinito pretesto per parlare di sé invece dell’opera, e il vuoto pneumatico della lettura colta (proustiana e non) ogni tanto un fiore sboccia nel deserto.

E’ un piccolo libro intitolato “Un’estate con Proust” (Carocci editore). Un’idea editoriale tutta francese curata da Laura El Makki (sembra un personaggio inventato da Corto Maltese, ma pazienza). La signora mette insieme otto interventi di intellettuali francesi letti l’estate scorsa ai microfoni di “France Inter”.

Hanno parlato della “loro Recherche”, del tema che stava a loro più a cuore, di una pagina che li aveva particolarmente colpiti. Sono interventi brevi, di stupefacente congruità, profondità e chiarezza. Come sapete, non è facile mettere insieme queste cose: la congruità, la profondità e la chiarezza.

I grandi, inesausti, eterni temi proustiani emergono così in modo immediato ed affettuoso: perché amiamo? perché amare fa soffrire? come si può fermare il tempo? si può davvero conoscere una persona?

E’ un piccolo meraviglioso libro che cercherò di donare alle persone a cui voglio bene. E’ un ricatto, lo so. Ma per far leggere Proust sono pronto ad ogni nefandezza.