Quando leggo di Stefan Zweig o del suo amico Joseph Roth, il vero grande scrittore fra i due, della loro fine: il primo trovato suicida in un letto in uno sperduto paesino brasiliano insieme alla (seconda? terza?) giovane moglie; il secondo ammazzato nel ’39 dalla pluriennale dieta alcolica; quando penso all’ancora più grande Walter Benjamin, e alla sua e loro incapacità di sopravvivere alla caduta del mondo come lo avevano conosciuto, il mondo di ieri come scriveva Zweig, il mondo ucciso dalla prima guerra mondiale e poi dal trattato di Versailles; dalla crisi del ’29 e dall’iper-inflazione; e infine dal trionfo dei totalitarismi. Zweig, Roth e Benjamin erano, tanto per cambiare, non solo intellettuali ma pure ebrei, e la cosa non aiutava in quegli anni. Quando penso al passato e alle grandi cesure che segnano la fine di qualcosa e l’inizio di qualcos’altro (che però ancora non si sa...