“E’ stata tua la colpa, e ora che vuoi?”

By on Nov 9, 2024 in Contemporaneità

mussino

L’ho sempre amata. Anche quando gridavo yankee go home. Continuo ad amarla come si ama una donna affascinante la cui diversità ontologica rende impossibile una normale relazione quotidiana (“non sono cattiva è che mi disegnano così”). L’America è la cosa più diversa che ci sia. Diversità resa straniante dal fatto che noi europei istintivamente pensiamo che l’America e gli americani siano se non come noi, nostri simili, parte di noi. (A questo proposito, illuminante “Una certa idea d’Europa” di George Steiner)

Dell’America so poco o nulla. Ho letto qualche libro, visto i film che hanno visto tutti, amato il pop che l’ha famosa nel mondo. Riguardo alle elezioni del 5 novembre, pur presagendo la vittoria di Trump non avrei mai pensato che potesse essere così larga e profonda. Il “pensiero autoritario” (chiamiamolo così) ha dunque conquistato ogni gruppo sociale, etnia, classe anagrafica, genere e sesso americano?

Per istinto detesto gli sconfitti che la menano sui brogli del vincitore. Che si tratti di tennis, calcio, Formula 1 o politica, la prima (la sola) cosa da fare credo sia cercare dentro sé stessi le ragioni della perdita. “Non l’hanno visto arrivare”, declinato al maschile o al femminile, è la più stupida delle giustificazioni. Se non l’hai visto (vista) è perché sei stupido o distratto. Nel caso di Trump poi, l’avevano visto arrivare benissimo: hanno avuto ben otto anni per “vederlo arrivare”. Quello che credo si debba fare è chiedersi perché mai le élite democratiche americane non abbiano visto né fatto nulla per contrastare la marea autoritaria; perché, per ben otto lunghi anni, l’amministrazione Obama non si sia accorta di quanto stava accadendo alla base sociale del Partito Democratico. Eppure le conseguenze del turbo-liberismo esploso nei ruggenti anni clintoniani erano sotto gli occhi di tutti; eppure, sapendo che il cinema USA non mente mai, sarebbe bastato andare a vedere i film sui lupi di Wall-Street; eppure bastava leggere Rifkin, mica la terza Critica di Kant, per comprendere che i colletti rossi e blu stavano perdendo lavori dignitosi e sicuri in cambio di merda sottopagata.

Non hanno voluto (saputo) vedere. Hanno continuato a non voler vedere lungo tutti gli anni della risicata elezione Biden. Hanno sostenuto una candidatura che definire senile è un atto di pietà / ipocrisia (barrare la casella preferita). Hanno scaricato il cadavere in corsa mollando la pepatencia alla povera Kàmala. La quale, pur avendo fatto del suo meglio per portare a casa ghirba e partita, ha puntualmente perso entrambe.

Questa storia mi ricorda gli astuti comunisti italiani. Correva il 1921 e mentre il cavalier Mussolini si preparava a marciare su Roma, in quel di Livorno dicono ciao ai socialisti; mi ricorda la genialata di Stalin che s’inventa la teoria del “socialfascismo”. Ma tornando ai giorni nostri e alle nostre responsabilità è anche peggio: facciamo spallucce alla marea neo-nazista, alla quotidiana eversione islamista, all’odio per l’ebreo che puntualmente riappare come il virus dell’herpes quando l’organismo democratico è indebolito da malattie sistemiche. Facciamo spallucce perché “fare politica” – prendere decisioni e farle rispettare con le buone e con le meno buone dello Stato democratico – è infinitamente più faticoso, più impegnativo, più adulto.

Di cosa soffra la democrazia liberale lo spiega diffusamente Andrea Graziosi nel suo “Occidenti e Modernità”. Saggio di faticosa lettura (i bravi storici non sono obbligatoriamente anche bravi scrittori) utile per comprendere cosa ci sta accadendo. In ogni caso, che sia abbia compreso qualcosa o niente del tutto, si tratterà di rimboccarsi le maniche: ogni volta, in ogni situazione, è ora di fare del nostro meglio per spiegare che nonostante tutto il mondo libero e liberale continua ad essere il migliore dei mondi possibili.

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