Non è un caso che “Mia madre” di Nanni Moretti e “Youth” di Palo Sorrentino, due film che più diversi non si può, chiudano nello stesso modo. Nel lavoro di Moretti, un film onesto ma non memorabile, l’ultima inquadratura è di Margherita, gli occhi negli occhi dello spettatore. In quello di Sorrentino – un’opera straordinaria – la conclusione è affidata al volto sereno e severo di Michael Caine.
Lo sguardo del personaggio principale, in silenzio, senza più parole. Un discorso sospeso. Come a ricordarci che la scelta di fronte alla vita e al termine della vita, spetta solo a ciascuno di noi. Ognuno è libero di dare la risposta che sa o che può. Quella che riesce ad elaborare. E se è indubbio che ne esista una migliore rispetto ad un’altra, è altrettanto indubbio che sono scelte che spettano solo a chi dovrà compierle.
Margherita non sa cosa accadrà ora che è scomparsa la madre. Michael Caine non sa cosa accadrà ora che ha scelto di vivere. E’ la condizione umana.