Quando si dice la sfiga

By on Giu 1, 2016 in Comunicazione, Contemporaneità

La comunicazione, in particolare quella pubblicitaria, dovrebbe essere compresa nell’elenco dei mestieri usuranti. Quelli che consentono (consentirebbero?) di andare in pensione prima. Prima degli altri che ci vanno, che ci andranno, che ci andrebbero (grazie alla signora Fornero ogni consecutio temporum si fa fragile e incerta come un passerottino caduto dal nido).

E’ forse per questo che di pubblicitari anziani non se ne vedono. Sono tutti giovani, giovanissimi: costano meno (costano un cazzo) e non hanno grandi pretese. Credo li abbattano quando accennano ad invecchiare. Come i disc jockey o gli animatori dei villaggi. O diventano (in fretta) Fiorello, oppure via, di corsa al canile municipale.

Ma non basta. Oltre all’età e alla fatica (provate voi a fare un mestiere che TUTTI sono convinti di saper fare: dal Presidente alla Segretaria del Presidente, giù giù per le gerarchie aziendali sino alla scopacessi equadoregna che il Presidente in persona interpella nei suoi estemporanei cazzo-test per verificare la qualità della campagna). Oltre all’età e alla fatica dicevamo, di regola ci si mette anche la sfiga.

Se non ci credete, guardate qua la mirabile campagna #austriantime, tempo di Austria: già il nome è un programma. Penso a quanto abbiano lavorato i colleghi per dare un po’ di tono, un po’ di allure ad un paese sveglio come la zia Gina e up-to-date come uno spettacolo dei Legnanesi, una missione impossibile, paragonabile solo allo sbatti di rendere presentabile all’opinione pubblica un figuro come Putin o convincere i minatori gallesi a preferire il succo di mele alla birra alla spina. (Esistono ancora i minatori nel Galles?)

Penso ai giorni e alle notti di lavoro che hanno portato alla nascita di head-line destinate a passare alla storia dell’advertising:

“Quello sguardo di chi rimane senza fiato” e “Voglia di camminare? Venite in Austria con Zeppelin!”. Per non parlare del pay-off, un’invenzione che andrebbe premiata con non uno ma almeno due Pulitzer: “Austria, arrivare e rinascere”.

Purtroppo, è stata proprio l’eccezionalità della campagna, il tempismo perfetto e l’assoluta credibilità, la causa stessa dell’imprevisto e forse imprevedibile fallimento. Nel bel mezzo degli arrivi di siriani, afgani e libici che l’hanno presa alla lettera – Austria, arrivare e rinascere – il Governo chiude le frontiere e minaccia di costruire un muro al Brennero. Quando si dice la sfiga.

Purtroppo gli impegni sono impegni. Non con chi sfugge la guerra e la miseria, beninteso. Le uscite dei giornali continuano: i contratti sono contratti, e perbacco vanno rispettati. Austria, arrivare e rinascere