Non c’era certo bisogno di Mad Men per comprenderlo, anche se la serie ha rafforzato il concetto. Fare il mestiere del pubblicitario non è esattamente come cantare il gregoriano o stampare libri in braille. Giurare e spergiurare il falso, mutare opinione nello spazio di un mattino, cambiare casacca (leggi: brand) abbandonandola per servirne una più lucrosa, sono gli atti tipici (più che tipici: costitutivi) del secondo mestiere più antico del mondo. Tutti caballeros e contemporaneamente tutti puttane per un pugno di dollari in più (ma anche per un solo pugno e basta).
Tuttavia, è stata forte la sorpresa, quando aprendo la sempre meno amata “La Repubblica” il giornale che presto smetterò di comprare, a pagina 24 è apparso il faccione di Hiroshi Kato. Fondo nero, foto bianco/nero virato seppia, head-line turchina; la quale urla (sì, urla: c’è il punto esclamativo) “scoprite la mia storia in Turchia!”. Una storia di successo, ovviamente. La body-copy: “Paese importante per la Toyota bla bla spirito degli abitanti bla bla ponte tra due continenti bla bla abitato da persone ospitali, accoglienti e sincere…”. In basso a sinistra logo e pay-off: Turkey Discover the potential. In basso a destra, ecco la call-to-action: scoprite la vostra storia all’indirizzo bla bla
Non sono mai stato in Turchia. Non ho dubbi che sia un paese abitato da persone “ospitali, accoglienti e sincere”. Purtroppo, non ho dubbi neppure riguardo il contro-colpo di stato orchestrato da Erdogan; gli arresti, le detenzioni illegali, i licenziamenti di massa, la chiusura dei giornali, la promulgazione di una Costituzione esplicitamente illiberale (eufemismo).
Questo annuncio è il secondo. Di una serie presumo destinata a proseguire e a “declinare” come si dice nel linguaggio dei pubblicitari; i quali dai tempi eroici di Armando Testa hanno fatto passi da giganti. Da produttori di slogan, espressioni e modi di dire spiritosi, adesso tengono anche bordone ai dittatori dettando loro la “strategia di comunicazione” come si dice in gergo. Ripulire. Spostare l’attenzione. Dissimulare. Riposizionare. Insomma, un lavoro complesso, un lavoro da specialisti. Ben pagato il più delle volte.
Pecunia non olet sentenziava Vespasiano rassicurando Tito, perplesso all’idea che anche dalla merda si potesse trarre guadagno. Ma si sa, anche nell’antica Roma i pubblicitari erano tenuti in gran conto.