Saranno state le due e venti. Prevenire è sempre stato meglio che reprimere. Particolarmente se in casa impazza una terrier che adora sbragare le scoasse. Scchè prevengo e scendo in cortile. Mentre son lì a suddividere la carta dal cartone, la plastica dall’umido e il vetro da me stesso, sopraggiunge il Mirko; vice cuoco del ristorante sotto casa, maglietta bianca e grembiulone estate e inverno, stazzato come un canotto zodiac nonostante non abbia ancora trent’anni, mi guarda e se ne esce con un come mai non sei a guardare Sinner? Strano. Sino a ieri a Mirko interessavano solo le vittorie dell’Inter e le sconfitte del Napoli.
Ma d’un tratto anche Vittoria ha iniziato a cuorare l’altoatesino. Vittoria è una signora très chic che, almeno sino ad oggi, si limitava ad omaggiare il teatro d’avanguardia e la stagione d’opera del Regio di Torino; a lei di sport e di tennis in particolare non gliene è mai fregato niente. Insieme alla sua, di colpo come le magnolie del Duomo a Primavera, s’infiorano anche le bacheche facciabucchesche di altrimenti austeri amici. Insomma, è scoppiata la Sinnermania.
Che c’è di strano? Il paese s’innamorò anche di un altro ventiduenne, quel guascone di un Alberto Tomba, il primo ragazzotto di pianura a suonarle ai montagnini; e che dire della passione per Valentino Rossi, l’inventore di indimenticabili siparietti dadaisti? Tuttavia, mentre Tomba e Rossi (sembra una marca di vermut) sono stati due campioni anche nell’arte della comunicazione, per il momento di Sinner si ricordano solo due espressioni: con il cappello e senza il cappello, come Clint Eastwood giusto per dire.
Nondimanco, Jannick Sinner è il figlio (il nipote, il fratello minore) che ognuno vorrebbe. Intelligente, coraggioso in campo quanto discreto fuori, ci stranisce con dichiarazioni di schietto sapore mitteleuropeo. Leggete questa, in risposta a chi gli chiedeva cosa stesse provando dopo aver sconfitto il n°1 del tennis mondiale: “Certo che ci penso, da dove vengo, da dove arrivo, a non dare mai niente di scontato. Vale anche nella vita, non si sa mai cosa può succedere. A me non pesa svegliarmi il mattino. E allenarmi, io mi sveglio con l’obiettivo di migliorarmi. E quando mi alleno sto bene mentalmente, e quando ho finito di allenarmi mi sento soddisfatto e più ho fatto fatica meglio è”. Sì, avete letto bene: “più ho fatto fatica meglio è” ha dichiarato quel rosso mal pelo d’un Sinner. Roba da matti nel paese in cui i NEET sono 5,7 milioni*.
Sono certo che anche il compianto Domenico De Masi, il sociologo ispiratore del reddito di cittadinanza, avrebbe convenuto: Sinner non solo è un campione, è un carattere per gli italiani.
* Istat, maggio 2023