Sangue e merda

By on Mag 30, 2015 in Comunicazione, Contemporaneità

Chi segue con un minimo di assiduità questa fanzina, sa bene che cerco di evitare come la peste l’argomento politica. Per l’affetto che nutro loro e per il timore di annoiarli, che è la cosa peggiore che possa capitare in questa nostra vita terrena (è un vegano, un talebano, un amante dell’Ikea? Tutto, tutto sarà perdonato, la noia no).

Eppure politica deriva da greco politikè, ovvero ciò che attiene alla città, sottinteso che occuparsi della città, ovvero della polis, sia un’arte.

Eppure io che evidentemente sono parecchio balengo continuo ad appassionarmi alla politica. A trovarla coinvolgente. Seducente. Disgustosa. Affascinante. Deprimente. Insomma, tutto e il suo contrario, meno che noiosa. Sarà noiosa la politica in Russia, visto che di fatto non c’è: un dittatore ne fa le veci e qualcos’altro che fa rima con. Sarà noiosa in Danimarca, dove a parte il marcio narrato dal Bardo qualche secolo fa, tutto gira lustro e pulito come un panetto di burro salato.

Da noi la politica continua ad essere “sangue e merda”, secondo la nota definizione che ne diede Rino Formica, uno dei più lucidi colonelli craxiani nei fantastici anni-da-bere. E tutto si può dire sul sangue e sulla cacca (lacrime e sangue, terra e sangue, legame di sangue, sangue infetto, il sangue non mente eccetera eccetera) ma non che siano argomenti noiosi. Il primo – il sangue – è la base di qualsivoglia turpitudine razzista e nazionalista; il secondo è il secondo miglior argomento di conversazione durante la colazione del mattino in vacanza.

Quindi ci provo. Anche perchè (il buon vecchio anche di veltroniana memoria) l’argomento, il tema, sarebbe uno straordinario canovaccio per un talento alla Flaiano, per un film alla Monicelli. Per chi sa raccontare storie di cialtroni, cialtroneria e autolesionismo cialtrone.

Posso? Provate a leggermi? Allora vado a raccontare.

Tanto tempo fa, sembra passato un secolo, un simpatico comico emiliano che si dilettava ad imitare la sua imitazione televisiva, promise alle elezioni che avrebbe vinto e smacchiato il giaguaro. Cazzo volesse dire non si è mai capito, ma fa niente. Faceva battute su battute, ma perse. Forse perchè faceva solo battute, chissà. Invece di ammettere la sconfitta, l’involontario comico dichiarò che si trattava di un non-vittoria. Una non-vittoria, capite? Come se Don Giovanni incorresse in una défaillance (capita anche ai migliori) e sostenesse di essere incorso in una non-erezione.

 

Invece di tirarsi da parte, il comico piacentino accettò di farsi prima sbertucciare dai grillini in streaming, e poi tentò la sorte alle primarie. Il popolo che si riconosce (riconosceva?) nel PD non ne poteva più, ma davvero più, di comici emiliani, ex-comunisti coi baffi, democristiane di lungo corso, sindacalisti di andata e ritorno e di tutti i “nani e ballerine” che da vent’anni affollano la così detta sinistra italiana. Sicchè i piddini (piddini? maronna che termine!) votarono in massa il fiorentin cortese.

Nel frattempo venne il governo così detto Letta. Ma c’è poco da leggere in un uomo il cui l’eros politico è pari a quello di una sogliola lessa. L’eros politico che, si badi, è tutt’uno col progetto politico, è quella cosa che fece eleggere per quattro mandati consecutivi Franklin Delano Roosevelt; è il carisma, la forza, la credibilità di Churchill che promette lacrime e sangue nella lotta al nazismo. E’ la capacità di seduzione – su, da bravi: ammettiamolo – esercitata dal Cav Banana che per vent’anni ha stregato gli italiani. Assai contenti di farsi stregare.

Il povero Letta, l’uomo meno erotico del mondo, non ha idee, non ha un progetto e non ha neppure sogni da proporre. E’ un ex-democristiano di lungo sorso messo lì da un presidente matusalemme a sua volta costretto a fare il presidente all’infinito perchè i nani e le ballerine del PD nel silenzio dell’urna hanno fottuto il candidato Prodi.

Questo il contesto, questo il clima. E questa pure la merda scagliata nel ventilatore. Il fiorentin cortese appena eletto segretario capisce che con Letta al governo alle elezioni europee per il suo partito sarà un massacro. D’Alema e i suoi scherani sono già lì ad imputargli il fallimento. Loro non vogliono vincere: vogliono durare. E con il fiorentin cortese il loro infinito, trent’annale durare senza fare, durare senza cambiare, durare senza innovare, è agli sgoccioli.

Il resto è cronaca. Il fiorentin cortese uccella la platessa e ne prende il posto. Per fare che? Per tentare di far ripartire il paese, lui dice. Facciamo un atto di fede e per un attimo crediamogli. Prima di domandarci se sia vero o falso che il motivo dominante sia la volontà di cambiamento e non l’arroganza del potere, domandiamoci  invece di quale paese stia parlando il fiorentin cortese.

Eccolo qui il bello quizzone:

 

Risposte del quizzone: siamo noi, è l’Italia.

 

Siete arrivati sin qui? Bravi. Concludo.

Bravo o non bravo, simpatico o antipatico, il fiorentin cortese sta provando a fare le cose. Contro chi? Contro chiunque, sinistra, destra, centro, non vuole cambiare una mazza. Mentre la Germania della riunificazione si tirava su le maniche e trovava il coraggio di riformare tutto (con i nostri soldi e con i soldi degli altri europei) noi siamo rimasti al palo. Fermi. Da vent’anni. Noi a baloccarci con il nuovo miracolo italiano e lui con le olgettine. Noi a credere che gli asini volano, e lui a farcelo credere.

A Renzi la vecchia casta del PD rimprovera una cosa sola: di avergli sottratto il partito. La certa, comoda, sicura ridotta del 20-25% che dava incarichi, prebende, ruolo, visibilità. A Renzi la vecchia casta dei mandarini rimprovera di aver reso il PD contendibile. Cioè di aver dato valore al partito, perchè solo ciò che è contendibile ha valore (di scambio). Un bene (una bella donna, un’azienda, un cavallo, un quadro…) che non sia conquistabile, vale infinitamente meno di un bene che può essere fatto proprio.

Con Renzi il popolo PD nel bene e nel male s’è preso il partito. E questo i nani, le ballerine, i comici, gli ex-comunisti e gli ex democristiani non lo perdonano.

Oggi la più scaltra, la più spregiudicata e la più indecorosa degli esponenti castali del vecchio PD, la signora Rosy Bindi, ha vestito i panni di Bruto e armato il braccio di pugnale. (Detto fra noi, il peplo proprio non le dona, bassotta e sovrappeso com’è).

Rosy Bindi, l’inamovibile “qualcosa” da oltre 400 anni, quasi come la banca della sua città, l’esempio vivente del kalòs kai agathòs greco che rappresenta l’ideale filosofico del mondo antico: nell’armonioso sviluppo della persona, il bello è anche buono, e l’individuo valoroso in guerra come in pace è in possesso di tutte le virtù.

Così, la Presidente della “Commissione Antimafia” ha dichiarato impresentabili le pur molto discutibili scelte di Renzi. Poteva farlo prima? Certo. Ma il colpo, per funzionare, bisogna darlo a due giorni dalle elezioni. E’ un giudizio legale? No. E’ un giudizio politico? Certo che sì. Ma il mestiere della “Commissione Antimafia” – che ovviamente paghiamo noi – è dare giudizi politici? Parrebbe che no.

Il colpo della Rosy segue quello del Cinese il Liguria. (Visto che la politica in Italia è più avvincente del Signore degli anelli?). Che ha fatto il Cinese, alias Cofferati? Prima fa il sindaco a Bologna. Poi s’innamora di una giovin signora che sta a Genova. Scarica la moglie vecchia e ingravida la nuova. Affari suoi? Affarissimi, auguri e figli maschi.

Peccato che poi, pensando al piccino che cresceva lontano dal babbo nella città della Lanterna, il Cina si dimette. Voglio stare vicino al bimbo, strilla. E per stargli ancora più vicino, si fa eleggere al Parlamento Europeo, a Bruxelles. (Beninteso, sempre con i voti nostri di noi coglioncelli di elettori). Un amore paterno nel fiore della terza età, commovente ed esemplare; peccato che gli elettori ancora si chiedano come mai al Cofferati Bruxelles risulti più vicina a Genova di Bologna.

Terminato l’incarico europeo, il Cina vorrebbe chiudere da Governatore. Si candida in Liguria, perde le primarie. Le primarie che ha inventato anche lui (il Cinese è uno dei fondatori del PD). Apriti cielo! Volano le accuse di brogli, truffe, voti comprati. Si procede alla verifica. I probi-viri (saranno probi, saranno viri, chissà) sanciscono la sconfitta del Cofferati, E lui che fa? Esce dal partito e concorre a creare ad un’altra lista alternativa. Fa guerra al suo partito, capite, perchè non era più suo. Come da ragazzini, quando il più scarso – fateci caso, di norma era anche il più ciccio – se non lo fanno giocare in attacco prende il pallone e via tutti a casa.

(Per non parlare di quello di Monza, l’ottavo nano che s’è scelto il nomignolo del cane scemo di Walt Disney e, per soprammercato, pure del peggior allenatore della storia del Milan).

Questo era, questo è ancora il PD. Un luogo molto più pericoloso del litorale dove si fece ammazzare il pur valido Pasolini. Un posto dove sgambetti, faide, tradimenti, pugnalate, sputi in faccia sono all’ordine del giorno.

Per questo spero, fortissimamente spero, che il fiorentin cortese superi anche questa morta gora e passi indenne le elezioni regionali.

Per il dopo, mi auguro che Renzi sappia dare seguito al motto dell’onorevole Formica. Con me se lo augura una quantità notevole di elettori della sinistra riformista e liberale.

Che il sangue scorra, dunque, e le teste cadano: è davvero tempo che le stalle di Augia della sinistra italiana siano finalmente liberate dal letame che le ammorba.