Ecco, mi sono sbagliato. Ero convinto che il secondo video Esselunga avrebbe suscitato il vespaio del primo, invece nisba. Pochi e misurati i commenti. Forse perché il Presidente del Consiglio signora Meloni non è intervenuta, almeno finora; o forse perché nel mio piccolissimo bacinetto social quelli che amano prendere parte al dibattito (come si diceva una volta) erano allegramente intenti a lapidare la Chiara Ferragni a colpi di pandorini di merda.
Correre al soccorso del vincitore e sparare liquame sul potente in (momentanea) difficoltà, pare siano gli sport preferiti dagli italiani. Non oso pensare a cosa potrebbe accadere all’olimpico Sinner il giorno in cui sciaguratamente mettesse il divin piedino su un frutto fecale. Ma noi siamo il paese dove, insieme ai limoni, fiorisce la più simpatica forma di opportunismo, parente diretta dello storico motto “Franza o Spagna purchè se magna” coniato pare dal Guicciardini.
Tornando alla pesca noce dell’Esselunga, i commenti più malevoli riguardavano gli aspetti squisitamente botanici della vicenda: non è possibile che una quercia cresca in così poco tempo; e mica spunta un germoglio se si interra la noce intera, affermavano risolutamente su Facebook le stesse persone che non si perdono una puntata di “Un posto al sole” e che conoscono a memoria ogni battuta di “Via col vento”. Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti (tutte) che il secondo video della nuova wave Esselunga è una fiaba. Una storia di buoni sentimenti che attualizza il gattino bagnato Barilla.
Pensate, era il 1986. Le bimbe tornavano da scuola da sole; le mamme, belle e solari anche in una giornata di pioggia, stavano a casa a preparare la pasta per figli e mariti altrettanto belli e solari che alle 12 e 40 si sporgevano dalla finestra in controllo visivo della figlioletta ritardataria.
Le fiabe (tutte) si reggono su un patto implicito: la sospensione dell’incredulità. Ma anche il teatro, il romanzo, la poesia e il cinema si basano sulla sospensione dell’incredulità. Raccontami una storia. Raccontamela bene. E io crederò che Circe trasforma gli uomini in porci. Che Dante ha attraversato l’Inferno. Che Prospero ha scatenato la tempesta. Che Astolfo deve recuperare sulla Luna il senno di Orlando. Che nel sanatorio Berghof a Davos i pazienti si scambiano riflessioni e pensieri di sublime profondità. Che sul Titanic avviato verso la catastrofe si celebri la passione e l’amore (eccetera eccetera). Ecco perché non reggo più Haruki Murakami che ogni 3 x 2 come direbbero quelli dell’Esselunga mi piazza un gatto che parla o un fantasma che appare e scompare: la sospensione dell’incredulità è una spezia che richiede un dosaggio sapientissimo.
La noce di Esselunga è una fiaba. Una storia di buoni sentimenti. Una storia di speranza che ci invita a sperare ancora nella permanenza dei buoni sentimenti. Nell’esistenza di un ordinato e garbato e gentile mondo piccolo borghese del quale noi tutti destinatari dello spot facciamo parte. O di cui vorremmo far parte. Se solo quel maledetto ascensore sociale non si fosse guastato dai tempi in cui una bambina con l’impermeabile giallo tornava da scuola in una giornata di pioggia.