Perchè non possiamo non dirci francesi

By on Gen 15, 2015 in Comunicazione, Contemporaneità

Perchè non possiamo non dirci francesi (beninteso, laici e repubblicani).

Quanto tempo è trascorso dall’attacco a Charlie Hebdo e al supermarket Kosher, due settimane, dieci giorni, un secolo? Come è stata interpretata la catena degli eventi? Quali sono i canoni e i paradigmi più ricorrenti che hanno – consciamente o meno – caratterizzato il “posizionamento” delle opinioni, delle convinzioni, delle prese di posizione e delle scelte? Quali sono le domande che dobbiamo farci? E quali scelte ci spetta compiere?

Uno zibaldone di pensieri in onore degli amici di Charlie Hebdo e del poliziotto Ahmed, il servitore dello Stato francese di religione musulmana

  1. L’ironia nelle parole

La rivista più atea e più anticlericale al mondo tecnicamente è un ebdomadario.

ebdomadàrio, agg. e s. m. [dal lat. tardo hebdomadarius, der. di hebdŏmasădis: v. ebdomada], letter. – Settimanale; che si fa o ritorna ogni settimana; è stato spec. usato per indicare la periodicità di giornali e riviste: foglio, giornale e.; anche come s. m.: e. illustrato. In altri tempi, indicò il sacerdote addetto al servizio liturgico per tutta una settimana o per un giorno stabilito: canonico

  1. Bersagli

Sarà un caso, ma anche questa volta i bersagli del terrore sono giornalisti ed ebrei. Gli spacciatori di notizie e il “genere” umano più detestato nei secoli. No, non è un caso.

  1. Opinioni: quelli che se la sono cercata, capitolo uno

La portinaia, ma anche il vicino di casa. La collega, ma anche il barista. Sono più d’uno coloro i quali, più o meno, dicono che quelli di Charlie se la siano cercata. Come dire, se fai lo spiritoso con il calabrese (variante: il siciliano, il bergamasco, il cuneese…) ovvio che poi ti spacchino la faccia. Interpretazione: noi (noi di qui) siamo civili; con gli altri (musulmani e terroni del Nord e del Sud) non ci ragioni.

  1. Opinioni: quelli che se la sono cercata, capitolo due

A partire dal Financial Time, sino a molta della stampa statunitense, sono in parecchi quelli che sostengono che Charlie Hebdo (d’ora in poi CH) abbia violato il comune senso del buon senso: “some common sense would be useful at publications such as Charlie Hebdo, and Denmark’s Jyllands-Posten, which purport to strike a blow for freedom when they provoke Muslims”. Che tradotto in italiano suona largo circa così: sarebbe utile un po’ di buon senso nelle pubblicazioni che pretendono di sostenere la libertà quando invece provocano i musulmani.

Tesi imbarazzante, molto. Per comprenderne le implicazioni, proviamo ad applicarla:

5. Opinioni: quelli che non è nel mio stile

Molta della stampa liberal, ovvero i “progressisti agonizzanti” secondo la gustosa definizione di Garton Ash, non ha pubblicato le vignette per una ragione diversa dal “comon sense”. Guardian, New York Times e Die Zeit l’avrebbero fatto per una questione di stile. Di gusto, di filosofia editoriale. Anche se sono schierati col settimanale francese nel difendere il diritto di pubblicare ciò che vuole.

  1. Opinioni: quelli che pubblicano tutto (anche in America)

I nuovi media (siti come Slate e Daily Beast) che si rivolgono ad un pubblico diverso rispetto a quello dei “progressisti agonizzanti” sono andati giù di brutto nel pubblicare le vignette. Serial come South Park si fanno apertamente e bellamente beffe di ogni menata “politicamente corretta”: Dio, religione, gay, minoranze etniche etc. etc. (E il bello è che nessuno pensa sia razzismo).

  1. Quelli che si informano su Facebook

E’ il caso, doppiamente imbarazzante, di Mario Fillioley che sul Post.it sostiene che “Quasi tutto quello che è stato interessante leggere sull’attentato di Parigi l’ho letto tramite la mia Home di Facebook. Mi sono sentito molto soddisfatto della mia Home di Facebook: chi tra i miei amici ha postato status sull’argomento ha dimostrato intelligenza, o quantomeno la misura giusta di sagacia, di modo che se anche non tutto era profondo, quantomeno risultava piacevole da leggere.“.

Imbarazzante, perchè Fillioley esprime queste sue opinioni utilizzando come premessa l’abusata tecnica retorica che va sotto il nome di captatio benevolentiæ (“anche non tutto era profondo, quantomeno risultava piacevole da leggere”), insomma una bella leccata e via, prima di cominciare. Se “quasi tutto quello che è stato interessante leggere sull’attentato di Parigi l’ho letto tramite la mia Home di Facebook“, i casi sono due: o Mario “fa amico” con i migliori talenti del pianeta, cosa di cui dubito chè i “migliori talenti del pianeta” di norma scrivono sui libri, sulle riviste specialistiche e alla peggio sui giornali e stanno alla larga da FB, oppure il nostro è davvero di bocca (più che) buona. Niente di male, peccato faccia il bbbblogger di mestiere non l’idraulico o il fioraio in piazza delle Erbe a Verona.

 

 

  1. Quelli che confondono Roma per toma, fischi per fiaschi, la Norma con la Traviata

Il paradigma della categoria lo esprime ancora Mario Fillioley. Mi spiace prendermela nuovamente con lui (niente di personale, eh Mario, si fa per scherzare, eh!). Il fatto è che la sua palese buona fede è seconda solo alla sua ignoranza. Un classico di questi tempi in cui tutti, da Scalfari al ciabattino, si scoprano (s’inventano?) islamisti, esperti di servizi segreti, di geo-politica e sistemi alimentari per dimagrire velocemente senza sforzo.

Cosa scrive qualche paragrafo dopo?

“Secondo l’articolo di Financial Times si tratta di una posizione fanatica. Fanatica nel senso di priva di common sense, cioè di buon senso. Faccio un paragone eccessivo tanto per spiegarmi… di fronte a un’organizzazione che era assai decisa a censurarne le idee (la santa inquisizione), Galileo Galilei decise di ritrattare. Si limitò a dire: vabbè’, eppur si muove, però facciamo come volete voi, basta che mi lasciate in pace. E non è che avesse disegnato una vignetta: aveva scoperto una cosa fondamentale, scritto un saggio che avrebbe cambiato il corso della scienza e del progresso umano. Fu vigliaccheria? Se ho capito bene il ragionamento, per Financial Times no, non fu vigliaccheria, fu common sense. Cosa ci avrebbe guadagnato in più l’umanità se lui fosse morto? Un esempio di eroismo? All’umanità Galileo non serviva come esempio di eroismo: all’umanità Galileo serviva per sapere che non è il sole a girare attorno alla Terra bensì viceversa.”

Bella tesi, vero? Peccato che non sia affatto andata così. E che le conseguenze del processo a Galileo l’italia le abbia pagate per secoli.

Primo: Galileo arriva al processo fiaccato da interrogatori e carcerazione; è vecchio e semicieco.

Secondo: poco tempo prima aveva avuto l’esempio di Giordano Bruno. La puzza di carne bruciata ammorbava ancora la piazza.

Terzo: Galileo non dice vabbuò, cazzi vostri. Cede per salvarsi la pelle (e probabilmente fa bene). In cambio viene recluso per il resto di quello che gli resta da vivere nella villa d’Arcetri. Con il divieto di scrivere, pubblicare e corrispondere con gli scienziati dell’epoca.

Quarto: la Chiesa Cattolica e Apostolica Romana ha così contribuito a seppellire il nostro paese che allora era all’avanguardia della nascente scienza: non è un bel biglietto da visita per un fisico (matematico, astronomo, alchimista) vedere inginocchiato davanti ad una corte di cardianali il più famoso (e apprezzato) scienziato dell’epoca; ergo, tutti i migliori alla larga dall’Italia.

Quinto: mentre in Inghilterra in certo Newton si dava (liberamente) da fare, il francese si apprestava a diventare la lingua internazionale della scienza soppiantando il latino e l’italiano.

(Mario non ha letto nè i saggi di Paolo Rossi, nè il “Galileo” di B. Brecht. Pace e amen per la seconda, ma il primo è un buco grave se si vuole usare il pisano come esempio)

 

  1. Quelli che “ma allora anche il web!”

Uno dei più rappresentativi epigoni del “web anch’io!” è senza dubbio il pur valido Mantellini. Che scrive: “Io non so quanti di voi in questi giorni abbiamo intravisto un’analogia, che a me sembra molto forte, fra la logica informativa del giornale satirico Charlie Hebdo e il modello distributivo delle informazioni della rete Internet o di una parte di essa. I contenuti dissacranti del giornale francese, che sono costati la vita a molti dei suoi giornalisti, sono un formato analogico e precedente a quello che Internet ha poi faticosamente consentito a chiunque negli ultimi 20 anni”. Capita l’antifona ? Ma come, difendete CH e poi mettete sotto pressione il web minacciandolo con leggi liberticide? Anche il web deve essere “libero e gratuito”. Senza più freni nè pudori. il nostro così prosegue: “…la satira più radicale su carta ha anticipato nuovi strumenti di liberazione intellettuale che poi Internet ha definitivamente consentito… le numerose parole di vicinanza e solidarietà al giornale satirico francese da parte del potere sono probabilmente bugie interessate e leggermente indecenti. Io sospetto che non troveremo nessuno fra questi signori che oggi annunciano senza imbarazzo che loro “sono Charlie” a difendere con altrettanta forza contenuti dissacranti e violenti liberamente raggiungibili in rete. Quasi nessuno di costoro sarà disposto a spendere un hashtag su Twitter per difendere le migliaia di siti web sporchi e violenti, dissacranti e contrari alla morale comune che sono raggiungibili in rete”.

Non le manda a dire il Mantellini, vero? E in un certo senso ha ragione: personalmente non ho nessuna intenzione di difendere chi provoca, insulta e infama sul web protetto dall’anonimato.

E’ un problema – possibile che non lo si capisca? – sia di trasparenza che di natura e qualità dei contenuti. Provo a spiegarmi. Trasparenza: chi disegna su CH (o su qualsiasi altro giornale analogico o digitale) vignette belle o brutte, condivisibili o disgustose, ci mette la faccia. E ci rimette la pelle a volte. Chi posta sul web testi da latrina e invia insulti all’indirizzo delle cooperanti rapite in Siria, gode della sporcizia dell’anonimato.

Qualità: opere come le “120 giornate di Sodoma” o “La filosofia nel boudoir”, per fare un esempio di letteratura border line, possono suscitare disgusto, orrore se non addirittura noia, il più grave crimine letterario. Peccato che abbiano influenzato scrittori del calibro di Gustave Flaubert, Fedor Dostoevskij, Charles Swinburne, Arthur Rimbaud. Ergo, potrà non piacerti ma ci devi fare i conti.

Altro discorso è la marea di liquami e deiezioni che invade ogni giorno il web. Flusso che, prima o poi, dovrà essere regolamentato. (Spassosa la storia che racconta sempre il Mantellini di come abbia verificato la buona fede e la funzionalità di Facebook sui contenuti infami postati sulle ragazze italiane prigioniere in Sira. In sintesi dice che quelli di FB hanno risposto subito; ne conclude che il sistema funziona. Peccato che i contenuti offensivi siano ancora lì, ammette).

 

  1. Quelli che siamo pragmatici

Nonostante gli ormai inguardabili film di Wim Wenders e del suo emulo Sorrentino, continuo ad amare l’America. I suoi spazi. La sua luce. Il suo spirito pragmatico e ingenuo. Che a volte (spesso) sembra degenerare in puro calcolo di potere. Non pubblichiamo le vignette incriminate (quelle olandesi che CH pubblicò per solidarietà) perchè non vogliamo offendere i (nostri suppongo) musulmani. E’ questa in soldoni la tesi di molti media americani. Saggia. Sensata. Di grande buon senso, pardon: di senso comune. Peccato che la storia di CH sia diventata un’altra: le vignette – in quanto tali – non c’entrano più. C’entra l’idea di libertà in quanto valore.

Ma come stanno oggi i valori dell’America? Io non lo. Quello che so è che c’è una certa distanza tra il “diritto alla felicità” sancito dalla Dichiarazione di Indipendenza del 1776 di T. Jefferson (“Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per sé stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi vi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità”) e il carcere di Guantanamo. Tra la pratica della tortura, prima negata, poi amessa, e oggi rivendicata con orgoglio dai suoi autori. Tra spie, spioni e siponaggi – a scopo difensivo, per carità – l’idea stessa di libertà, pilastro della Costituzione Americana, mi pare non goda ottima salute.

Noi, noi europei e credo noi tutti abitanti del mondo, abbiamo bisogno degli Stati Uniti. Ma è un guaio se il loro ammirevole pragmatismo scade come lo yogurt in rancido cinismo.

 

11 I limiti della democrazia

Un ottimo stimolo, viene come al solito da Tzvetan Todorov. Specialista del “problema dell’altro” (individui, culture, società diverse) sostiene che l’essenza della democrazia non consista nella libertà, bensì nei limiti che i diversi poteri (e le diverse forze agenti nelle istituzioni e nelle dinamiche democratiche) esercitano gli uni sugli altri. Mi domando: anche la libertà di stampa non sarebbe, quindi, che una libertà condizionata?

 

12 Un’opnione è un’opinione?

Liberi di e liberi da. Quindi si può dire tutto, di tutti e sempre? Sì, ma anche no. Può essere un’opinione, ma anche una sciocchezza. Oppure un reato.

Se al bar affermo che la Bibbia aveva ragione e la Terra ha 6.000 anni e non 4,5 miliardi, è una sciocchezza.

Se pretendo di insegnarlo a scuola, è sempre una sciocchezza ma è pure un reato.

Penso sia quindi un problema di contesto oltrechè di contenuti.

Tuttavia, se affermo che gli ebrei vanno gasati, i musulmani castrati e che l’Olocausto non è mai accaduto, non si tratta nè di un’opinione e neppure di una sciocchezza: si chiama crimine e come tale va perseguito.

(A proposito: il signor Dieudonné – donato da Dio? – sedicente comico e furibondo antisemita, è stato arrestato per apologia di terrorismo. Una buona notizia per la libertà di espressione e la qualità del cabaret in Francia).

 

13 Quali sono i limiti di un giornale satirico?

Non lo so. Quello che penso, è che solo chi fa un giornale satirico può stabilire quali limiti darsi. Nel rispetto del patto che ha stabilito con i propri lettori. (In Francia non esiste il reato di blasfemia).

 

14 Guerra di religione?

E’ in atto una guerra di religione? Lo sostiene l’immarcescibile Eugenio Scalfari e non è il solo. Io di religioni non so molto, mi limito prudentemente a starne alla larga come i gatti dall’acqua. Mi ha però colpito la dichiarazione del più importante Imam di Francia, Hassen Chalghoumi: “Noi immam, uomini di pace, urleremo che siamo noi stessi vittime dell’islamismo. Noi musulmani di Francia siamo ostaggi di due mostri: l’integralismo che arruola i nostri figli e del razzismo anti-arabo“. Non mi sembra una guerra di religione. Non in Francia, almeno.

15. Quelli che le donne le cancelliamo

In tema di integrali e integralismo, la partita tra ebrei e musulmani vede una nuova notevole azione da goal. L’impavido, nel senso che non teme nè la menzogna nè tantomeno il ridicolo, giornale ultraortodosso israeliano Hamevaser ha cancellato con photoshop tutte le donne in prima fila tra i potenti del mondo durante la marcia repubblicana di Parigi. Al fianco del presidente francese Hollande vi erano infatti Angela Merkel, cancelliere tedesco, Anne Hidalgo, sindaco di Parigi, la presidente svizzera, Simonetta Sommaruga, la regina Ranja di Giordania e l’alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini. Tutte “scomparse” dalla foto. Non è la prima volta che lo fanno. Pare per motivi di pudore.

 

16. A cosa serve la religione?

L’ipotesi più plausibile è che serva ad allontanare (mitigare, ridurre, lenire) il timore della morte. Ma servirebbe anche, dicono, a farci stare più buoni. Sulla prima passo la mano, sulla seconda ho qualche certezza: difficile “stare buoni” se si comincia (si continua) ad ammazzare nel nome di Dio. (Quale Dio, poi, visto che ne vengono rivendicati almeno tre? Mah). Il problema diventa catastrofe se la religione si fa ideologia e poi fanatismo. Ma in ogni caso è un bel guiao anche se, come accade nel nostro paese, la religione si limita a fare politica. Nel dubbio, perchè non farne come in Francia un fatto strettamente privato?

17. Quelli che Nietzsche e la morte di Dio

La storiella è vecchia e la conoscono quasi tutti. “Dio è morto, firmato F. Nietzsche. Errore: Nietzsche è morto, firmato Dio”. Chi la spaccia con convinta serietà, non ha evidentemente capito nulla. Il “Dio è morto” nicciano sta a significare una cosa molto più semplice (e complicata insieme). Se è impossibile comprendere il Medioevo senza tener conto di Dio (arte, filosofia, cultura, linguaggio, scansione del tempo e della vita) agli albori del Novecento se ne può fare perfettamente a meno. La realtà sarebbe totalmente incomprensibile invece se eliminassimo le parole-concetto “denaro”, “mercato”, “funzione”. In tal senso “Dio è morto” e insieme a lui il mistero del sacro. Solo le persone sono sacre. Già, ma quando si diventa persona?

 

18. Quelli che vogliono farci vivere come nel VI secolo

E’ quello a cui auspicano i talebani, i califfi dell’ISIS e quel mascalzone di Boko Haran. Tutto il mondo riportato indietro al tempo dei cammelli di Maometto. E’ possibile, o meglio: possiamo anche solo permetterci di pensarlo?

19.Quelli che cosa significa “Je suis Charlie”

Una volta per tutte:

 

20. Archetipi e precursori di Charlie

L’origine sta in Rabelais. sorridente comprensione dei limiti umani, feroce satira dell’ipocrisa e dei falsi sentimenti. Poi ci sono i Lumi (nel senso dell’illuminismo bien sur) le battaglie dei radicali democratici contro il clericalismo e l’autoritarismo reazionario nell’Ottocento. Un signor pedigree.

 

21. Il paradosso

Georges Wolinski ha affrontato decine di processi, querele, denunce per vilipendio di praticamente tutto. Nei suoi cassetti ci sono certamente decine di disegnini in cui Hollande (Hollande e Sarkozy e tutti i potenti della Terra) vengono ritratti col pisellino (piccolo) fuori dalla patta. Lo sberleffo fa bene alla democrazia e fa bene pure ai potenti. Adesso che è morto da eroe della Francia, sono gli stessi Hollande e Sarkozy a marciare uniti in suo onore. (Per fortuna un piccione ha cacato addosso ad Hollande durante il corteo mentre rivolgeva la parola a Luz, uno dei disegnatori sopravvissuti al massacro, ristabilendo così un po’ di giusta misura. (un bravo al piccione, e pure ad Hollande).

22. Quelli che non c’erano

Putin, assente giustificato. E’ stato un piacere NON vedere lo sguardo rettiliano del mandante (morale, politico, organizzativo?) degli assassini dei giornalisti russi. E di tutto il resto (Cecenia, Ukraina). E’ stato un dispiacere non vedere schierato insieme a tutti gli altri Barack Obama, il più confuso, incerto e contraddittorio premio Nobel per la Pace che il mondo ricordi.

23 Il sogno e la speranza

A parte alcuni indesiderabili (che ci facevano nel corteo il ministro del governo turco che incarcera i giornalisti e impone la censura?) il corteo è stato bellissimo: profumava di Europa.

 

24 Cosa abbiamo (forse) imparato?

Di nuovo, come se fosser la prima volta:

 

 

  1. Ultimo (ma non ultimo) il ruolo della Francia

Grazie Francia, nonostante l’arroganza, il provincialismo, la supponenza. Grazie Francia per l’89, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (lo scrivo in maiuscolo, digitando i tasti ritto in piedi per rispetto). Grazie per Voltaire, Diderot, D’Alembert e compagnia cantante. Per i formaggi, il vino, le sigarette senza filtro, le strade di campagna, le strade di città, il pane le biciclette, la lingua e Marcel Proust. Grazie Francia che hai ripreso – di nuovo come se fosse la prima volta – ad essere te stessa, nonostante Marine Le Pen, nonostante le cadute, le volgarità, gli errori. Dopo la lunga stagione depressiva e confusa, è tempo che la Francia ritrovi il suo ruolo e il suo primato in Europa e nel mondo. Che non si misura in termini di grandeur, ma di spessore, peso morale e culturale. Terra della libertà, dei diritti, dell’accoglienza, della ricerca intellettuale e della sperimentazione sociale. Il luogo dove meglio possono coesistere e convivere il passato e il futuro, la tradizione e l’innovazione, il poeta, lo scienziato e il contadino. (Grazie di esistere, Francia).

PS

Mentre stavo inutilmente dando la caccia ai refusi (il correttore continua a darmi forfait!) l’amica EM, alla quale sono legato da un grosso debito di gratitudine lo stesso che ho nei confronti di chiunque mi metta in condizione di realizzare progetti intelligenti, mi segnala la nuova minaccia lanciata dallo S.I.U. (Stupidario Internazionale Unito). Anche la mia omonima, la ben più celebre Peppa Pig, la più innocente maiala del mondo, sarebbe a rischio. La notizia le leggete qui. Ogni commento è superfluo. Che Iddio, qualunque va bene, metta la sua mano paterna sugli inglesi e indichi loro la strada per Calais.