“Non ho paura delle rappresaglie. Non ho figli, non ho una moglie, non ho un’auto, non ho debiti. Forse potrà suonare un po’ pomposo, ma preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio”. Così aveva dichiarato Stéphane Charbonnier, direttore di Charlie Hebdo, nel 2012.
Io, che ho una figlia, un’ex-moglie e un’auto gloriosa e anzianotta, di paura ne ho abbastanza: ho paura di avere paura. Degli altri. Degli sconosciuti. Di chi veste, mangia, parla e prega diversamente da me, che pure – grazie a Dio come dico sempre – ho smesso di aver bisogno di pregare da un pezzo.
Per questo, per non incorrere nella sindrome della paura da diversità, bisogna fare molta attenzione a chi grida “al lupo, al lupo!”, a chi come la signora Le Pen ripropone la pena di morte, a chi titola sui giornali che Islam equivale a terrorismo. A chi propone di abolire il trattato di Schengen e chiudere le frontiere. A chi sta lucrando il suo bel guadagno elettorale.
Gli assassini di Wolinski sono cittadini francesi come lo era lui, nato ottanta anni fa da padre polacco e madre italiana, esempio perfetto di cosa sia l’Europa: libera, sbeffeggiante, irridente, giocosa, erotica, amante della vita in tutte le sue espressioni.