Pur approdato da tempo alla beata età del dubbio critico, me ne sto tuttavia felicemente abbarbicato ad alcune semplici ma rocciose convinzioni. Due delle quali sono:
uno – la porchetta va mangiata calda (e giammai riscaldata!) avvolta in un panino, la bocca innaffiata da un bicchiere di rosso (Sagrantino di Montefalco, piuttosto che Montecucco Sangiovese).
due – l’attribuzione del Nobel per la Letteratura è (di norma) fatta a membro di segugio.
Sulla porchetta non credo sia necessario dilungarsi: la regola l’ho imparata dal mio amico Sandro, quello che sta in Toscana. Per quanto riguarda il Nobel, il motivo che porta a scelte scriteriate sono i criteri (spesso se non sempre) politici più che estetici adottati da vecchioni del Nord provinciali e assai rancorosi. (Chi è l’Uomo Nero dell’anno? L’invasore della Crimea, il sobillatore dell’enclave stalinista ucraina, il sostenitore di Assad? Chi il più insopportabile ipocrita farabutto della Terra? Facile: è l’amico Putin, il macho dall’occhio rettiliano perennemente a torso nudo).
Così puntualmente quest’ anno hanno nobelato una signora bielorussa, Svetalna Alexievich, che ha immediatamente rilasciato la seguente dichiarazione: “Amo la Russia ma non quella di Stalin e Putin”. Mentre mi congratulo vivamente per l’originalità del suo pensiero, mi domando cosa c’entri il giornalismo d’inchiesta praticato dalla signora con la Letteratura, un tempo ritenuta arte del leggere e dello scrivere. (Il prossimo Nobel a chi tocca, al pur valido Saviano?)
Nel frattempo il mai premiato Jorge Louis Borges ridacchia nella tomba; Philip Roth invece si consola degustando i manicaretti del cuoco personale. Capperi, come passa il tempo…