Davvero molto interessanti le reazioni sul caso Greta, o meglio sul casino che la ragazza svedese sta combinando. Tralasciando i trumpisti di casa nostra per i quali il verde è giusto un colore del semaforo, lo schieramento è composito. Le posizioni che trovo più interessanti sono quelle dei fautori dell’ambientalismo critico. Molto scettici sulle responsabilità antropiche del riscaldamento globale (ovvero il processo non dipenderebbe dall’attività umana) sono tuttavia convinti assertori della necessità di un cambiamento radicale di stili di produzione e di consumo. Un pianeta che si avvia ad essere calpestato da 10 miliardi di persone non può più permettersi di consumare le risorse secondo le logiche ottocentesche dell’economia lineare. Si tratta quindi di applicare su larghissima scala la cultura del riciclo e del riuso, ovvero i capisaldi di quell’economia circolare che persino i signori di Davos hanno scoperto essere redditizia; una concezione che richiede più tecnologia non “meno”, più ricerca scientifica e più innovazione. Beninteso, sempreché non si voglia tornare all’età della pietra come sognano certi ambientalisti trinariciuti.
La cosa più divertente (alla mia età mi diverto con poco) di tutta la faccenda è l’insofferenza che Greta provoca nei vecchi Soloni che, dopo aver versato quintali d’inchiostro sull’indifferenza cazzonara dei ggiovani che invece di studiare-lottare-impegnarsi stanno tutto il santo giorno a chattare e farsi le canne, seguirebbero la fanciulla con le trecce per la semplice buona ragione che l’ambiente è la nuova modernissima scusa per marinare la scuola.
Intendiamoci, la piccina con le trecce qualche sciocchezza la dice: ad esempio le geremiadi contro i paesi ricchi che vivono nel lusso rispetto a quelli poveri. Greta dimentica, oppure non sa, che solo in pochi paesi ricchi come il suo l’attenzione, il rispetto e la preoccupazione per l’ambiente è diventata cultura condivisa. L’ambientalismo non è di moda nella Pennsylvania di Trump come nella China del signor Xi Jinping, un’equivalenza che accomuna i colletti blu impoveriti a chi ha fatto la fame sino all’altro ieri; del resto non ci vuole una laurea ad Harvard per comprendere che il consumo consapevole e il rispetto per ciò che ci circonda richiede qualche sacrificio oltreché buon senso. Nel dubbio, basta leggere le motivazioni che hanno scatenato la rabbia della Francia profonda contro le solite élite: tutelate l’ambiente costa e i conti nessuno li vuole pagare.
Tirando le palle al baracchino delle giostre Cappuccetto beige qualche bersaglio l’ha forse mancato, ma quello grosso l’ha preso, eccome se l’ha preso. Perché anidride carbonica antropica o meno, il pianeta fa schifo e per il momento è il solo che abbiamo. E i ggiovani che oggi e si spera pure domani vediamo in piazza, saranno forse anche cazzari in gita, ma qualcuno di loro – molti, moltissimi? – qualche dubbio se lo farà pur venire. E pure qualche solenne incazzatura.
(Complimenti vivissimi alla signora Rita Pavone per il suo tweet sulle “stranezze” fisiognomiche di Greta Thunberg. La senescenza ferisce la mente o le gambe. A quanto pare Gian Burrasca cammina ancora benissimo)