Raffaello Cortina molto tempestivamente ripubblica “L’umanità in tempi bui. Riflessioni su Lessing” di Hannah Arendt. Si tratta della prolusione tenuta dalla filosofa nel 1959 ad Amburgo in occasione del conferimento del “Premio Lessing”. Tema centrale della sua riflessione è come l’idea di umanità e di umanesimo tipica dell’Illuminismo possa avere ancora ragion d’essere dopo i “tempi bui” dei totalitarismi, della guerra, della Shoah.
Cosa è mutato dall’ottimismo positivo di Lessing nel “Nathan il saggio”, dramma scritto nel 1779 che narra il modo in cui il saggio mercante ebreo Nathan, l’illuminato sultano Saladino e un inizialmente anonimo templare riescono a colmare il loro divario tra ebraismo, islam e cristianesimo; quanto resta dell’idea centrale in Lessing che l’amicizia sia la più alta manifestazione di umanità dopo gli anni di ferro e del fuoco? E di conseguenza, è possibile “amare un popolo”, o questa è solo un’assurdità poiché si possono amare solo i propri amici?
La riflessione di Hannah Arendt è particolarmente preziosa: la sua ricerca politico-filosofica è indissolubilmente legata all’esperienza di vita che l’ha costretta a fuggire dal proprio paese per trovare rifugio prima a Parigi e poi a New York; un pensatore che non ha mai compiuto scelte facili o scontate, più volte esposto all’aspro fuoco di polemiche provenienti da quella che avrebbe dovuto essere “la sua parte”. Un’idea di libertà (libera di e libera da) che, contrariamente a ciò che è accaduto a molti altri pensatori del suo tempo, contribuisce a renderla viva e attuale.
Sono tornati i tempi bui? quanto davvero bui? Il nostro girare la testa dall’altra parte equivale a “La barca è piena” di Eduard von Steiger il capo del Dipartimento federale di giustizia che il 30 agosto 1942 paragonò la Svizzera a una scialuppa di salvataggio troppo piccola e affollata per accogliere altri rifugiati?