La cosa più divertente di tutta la faccenda è l’imbarazzo che Michele Serra rivela nella sua “Amaca” del 22 settembre. Per non parlare dello scatto castale di Saviano che alla pur valida testata Il Libraio.it ha dichiarato: “Non condivido molte cose di De Luca, ma la mia vicinanza a lui, corpo e mente, è totale. Questo processo è una barbarie”. “Tranne rarissime eccezioni (i letterati italiani N.d.R.) sono un gruppo di ininfluenti che si accaniscono gli uni contro gli altri per sottrarsi misere copie, che si invidiano per premi che nessuno ricorda più, che si vendono per comparsate tv. Che odiano per il successo altrui e invidiano persino per un processo che può distruggere e compromettere, ma dà visibilità e quindi…”. (L’intervista intera, sempre che non abbiate i meglio da fare, ve la sorbettate qui).
La prosa di Serra di solito tagliente come la lama di Uma Thurnam in Kill Bill, è invece rattrappita dall’imbarazzo di dover difendere in nome della libertà di pensiero l’indifendibile; di scusare non tanto l’indecenza ma la stupidità che, quando si tratta di uno che se la tira da intellettuale con vezzi biblistici per giunta, è tra le colpe più difficilmente perdonabili.
La vicenda è nota. Nel dubbio ve la riassumo. Intervistato dall’Hffington Post, De Luca aveva dichiarato: “Mi spiego meglio: la Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo”
Dunque sabotaggi e vandalismi sono leciti? (chiede l’intervistatore)
“Sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile”.
Sono leciti anche quando colpiscono aziende che lavorano per l’Alta Velocità come quella di Bussoleno, chiusa per i continui danneggiamenti? Non si rischia un conflitto tra lavoratori e valligiani? (chiede ancora l’intervistatore)
“La Tav non si farà. È molto semplice” conclude il De Luca
Erri De Luca non è un fiorellin di campo e neppure un pensatore che ha trascorso il suo tempo chiuso in un eremo tra le sudate carte. Quando afferma che sabotaggi e vandalismi sono necessari, sa cosa dice. Negli anni ’70, quando faceva – come ricorda orgogliosamente egli stesso – il “rivoluzionario di professione”, De Luca era il responsabile del servizio d’ordine di Lotta continua, mica il coordinatore dell’associazione amici della filologia romanza di Nocera Inferiore. Niente di male, si potrebbe obiettare: trequarti dei quadri dirigenti del sistema giornalistico italiano vengono di lì: bella scuola “LC”, non c’è che dire.
Il problema è che l’espressione “ anni di piombo” a De Luca fa forse venire in mente solo l’idraulico. Così come gli incendi dei camion nei cantieri della Tav, un classicone della camorra nella sua pur valida Campania, i fuochi votivi della tradizione contadina.
I vandalismi sono necessari per far comprendere che la Tav è inutile, dice il De Luca. Che sarebbe come dire che immerdare il Ponte dei Sospiri è necessario per far comprendere alle masse popolari quanto il romanticismo melassoso sia Kitsch.
Questo è esattamente il confine tra il massimalismo parolaio e i riformisti. Dove i secondi hanno combattuto battaglie asperrime contro leggi e ordinamenti che non condividevano, ma nel frattempo rispettandole quelle leggi.
Ma non è ancora questo il punto. Il fatto clamoroso è che De Luca dopo 40 anni e un mare di morti sparati, non abbia ancora compreso che la violenza – qualsiasi forma di violenza – è divenuta inaccettabile. Senza se e senza ma. Che qualsiasi “buona ragione” (ammesso che sia tale) diventa immediatamente letame se per imporla si usa la violenza.
Che nel mondo – si spera, si sogna, si immagina – progredito del terzo millennio si combatte, ci si oppone, si protesta in ogni possibile forma e modo, ma mai (mai più) con l’uso della violenza. Sono i dittatori, il terzo mondo selvaggio, l’Isis e i regimi post-sovietici che pestano, sparano, sgozzano. La protesta occidentale evoluta è creatività, soft power, invenzione.
Molto probabilmente Erri De Luca è uno scrittore ai limiti della modestia; certamente Erri De Luca non è né sarai mai, un uomo capace di leggere la realtà che sta vivendo e di comprenderla. E questo è infinitamente più grave in termini di responsabilità intellettuale.
Per quanto riguarda gli otto mesi di condanna con la condizionale, credo che sia rosolio per le vendite dei suoi libri. E ulteriore godimento per gli amici francesi che l’altrieri con Toni Negri, ieri con Battisti (quello dei tre omicidi scappato in Brasile) e oggi con il povero De Luca possono gioiosamente manifestare contro il regime che opprime l’Italia. Olè.
Nota
Non so se la Tav sia giusta o sbagliata; so che una cifra di ambientalisti l’hanno menata a morte sull’Alta Velocità e adesso tutti zitti a godersi Milano-Roma in tre ore.
Non so se la Tav sia giusta o sbagliata: non ho le conoscenze e neppure le competenze tecniche per valutare. Però so che la Tav è stata voltata e rivoltata. Discussa e ridiscussa. Bloccata e riavviata. E adesso, dopo corsi e ricorsi di ogni ordine e grado, è diventata atto. Decisione politica.
Democrazia è scegliere. Democrazia non è riprendere in mano otto milioni di volte una scelta quando è stata compiuta rispettando tutti i gradi di giudizio e di valutazione. Democrazia è la maggioranza che compie una scelta. Punto.
In caso contrario saremmo ancora qui a chiederci se il collirio, questo nuovissimo ritrovato della moderna farmacopea, non presenti pericolose controindicazioni.