Due notizie interessanti sull’ultimo numero de “Il Venerdì di Repubblica”. La prima: Alfonso Berardinelli inizia a collaborare con il settimanale. Purtroppo la sua rubrica avrà cadenza mensile. Berardinelli è l’ultimo critico della cultura attualmente in servizio. La sua arte insegna, oltre a distinguere il guano dalla cioccolata, anche a comprendere ciò che si legge, si guarda, si ascolta.
L’altra (notizia interessante) è l’intervista a Slavoj Žižek, il più famoso filosofo “lacanian-marxista” di tutti i tempi. L’ho letta gioiosamente perché mi risparmia l’oneroso acquisto e l’ancor più l’onerosa lettura dell’ultimo libro di Žižek: “Libertà. Una malattia incurabile”, 416 pagine 24, 90 euro, Ponte alle Grazie. Oltre a domandarmi perché 24 euro e 90 centesimi e non 25, (gli Editori son gente davvero strana) non ho ancora ben compreso le ragioni dell’ossimoro espresso dal filosofo sloveno: come possa convivere Lacan (notoriamente un severo neo-liberista) con il marxismo non più ai tempi di Marx. Mistero.
Dov’è la notizia, chiedono a gran voce i miei quattro amati suiveur, pochi ma buonissimi. Ammesso non lo sappiate già (ma è impossibile: i miei lettori sono i migliori del mondo) Slavoj Žižek, oltre ad aver insegnato in ogni dove, ha scritto su qualsiasi argomento. Ad esclusione, ma non ne sono del tutto certo, dell’arte della pesca alla trota nel Nord Dakota. La ragione che mi tiene lontano dai suoi (numerosissimi) interventi filosofico-psicoanalitici, è che il nostro appartiene alla schiera dei sinistri-sinistri durissimi e (talmente) purissimi che, al confronto, l’acqua Levissima pare sgorgare dal Gange dalle parti di Bangalore.
I sinistri-sinistri hanno questo che li rende più teneri di Winnie the Pooh. Qualsiasi sia il problema, l’argomento o il tema della discussione, loro finiscono sempre con lo schierarsi con la minoranza della minoranza del comune sentire. Sento già le obiezioni: anche Copernico e dopo lui Galileo ai loro tempi sostennero una tesi che si scontrava con le certezze della maggioranza. Ma nel caso dei sinistri-sinistri come Žižek, non si tratta di fatti misurabili scientificamente, bensì di opinioni; di punti di vista. O più banalmente, di interessi. Così, che si tratti delle energie rinnovabili o dei cessi per gli individui in via di transizione, dell’uso dei pronomi e degli elementi consonantici come la Schwa, di fenomeni queer o della cancellazione culturale dei classici greci e latini, i sinistri-sinistri scelgono sistematicamente di stare dalla parte della minoranza. Postura che, se storicamente indicava uno dei postulati fondanti del pensiero progressista, oggi segnala la distanza che separa i sinistri-sinistri dalla stragrande maggioranza della popolazione. Che infatti si guarda bene dal votarli.
E’ stata quindi una sorpresa (sorpresa, sofficissima sorpresa, come cantava la pubblicità dei sofficini Findus nel lontano ’82) scoprire che Slavoj Žižek, il filosofo che brandeggia Lacan e Marx con la stessa familiarità con cui Rambo utilizza un M16, provocato ad arte da un giornalista che (finalmente) sa il fatto suo dia risposte lontane dal sinistro-sinistrismo quanto il gatto Silvestro sta alla larga da Ettore il bulldog.
“Significa che in una situazione normale è impossibile essere liberi?” chiede l’intervistatore. Risposta del filosofo: “Significa che la libertà è inscritta sempre dentro un ordine sociale, in una serie di necessità. Io e lei ora parliamo liberamente perché rispettiamo delle regole. Ma se mancano le condizioni per esercitarla, la libertà è nulla. Potrai pure essere formalmente libero di professare le tue idee, ma quando ti ammali e non hai un sistema sanitario che ti cura, avrai di sicuro altro per la testa”.
“Il disordine, invece, soffoca la libertà?” Insiste il giornalista
“Quando infrangi l’ordine, inizi un gioco molto pericoloso. Prenda le rivolte francesi di quest’estate. Giovani immigrati musulmani che si sollevano violentemente. La maggior parte degli intellettuali di sinistra le ha considerate un momento di radicale libertà. Io invece no… la violenza cieca … ha sconvolto l’esistenza delle persone normali, che hanno visto sgretolate le condizioni minime per una vita pacifica…”. Riguardo alla sinistra: “penso che la sinistra dovrebbe rispettare di più i sentimenti delle persone normali… A Seattle i liberal hanno fatto una battaglia per togliere soldi alla polizia considerandola uno strumento di oppressione dei neri… così con i pochi soldi a disposizione i poliziotti si occuperanno solo diu reati gravi… la condizione preliminare per essere liberi e poter camminare per strada, andare a fare la spesa… sentendosi al sicuro… Lei crede sia di destra avere rispetto per le persone normali?”.
Riguardo all’immigrazione Žižek è ancora più sorprendente: “Io non sono per bloccare l’immigrazione. La mia tesi è che sia necessario regolarla. Chi entra deve farlo legalmente… I liberal pensano che aprire le porte ai poveri immigrati sia un gesto umanitario. E che tutto si risolva con il buon cuore. Ma il problema è che chi parte dall’Africa non è povero. Non sempre almeno”.
Ma è sulla civiltà occidentale che il filosofo da il meglio di sé: “La tratta degli schiavi è esistita per secoli, anche all’interno dei Paesi africani. E la vera, unica novità introdotta nella storia umana dalla civiltà occidentale – a partire dal secolo XIX – è il movimento per l’abolizione della schiavitù. Nonostante ciò, oggi l’Occidente è considerato la quintessenza della discriminazione razziale”.
Affermazioni interessanti. Che tuttavia non hanno molto di sorprendente: siamo in parecchi a pensare che in un paese democratico non ci sia cosa più di sinistra del rispetto delle regole: tutelano i più deboli. I potenti non ne hanno bisogno, se le fanno da soli. Per quanto riguarda il tema della libertà, ho il sospetto che i concetti espressi in “Libertà. Una malattia incurabile” non siano poi così originali: un certo signor Kant, e assai più recentemente Isaiah Berlin, hanno lavorato parecchio sul tema del “legno storto dell’umanità”. Diciamo che mi resta la curiosità di sapere se Berardinelli, mai stato tenero con i tuttologi ubiquitari, abbia mai scritto qualcosa su Slavoj Žižek. Vado a compulsare “Un secolo dentro l’altro” e ve lo dico.