“L’intelligenza è una categoria morale”
(T. Adorno)
Le ragioni profonde che inducono le aziende, anche le migliori, a comportarsi (raramente, qualche volta, spesso, molto spesso, quasi sempre: barrare la risposta preferita) in modo idiota, è un mistero assoluto che viola persino il principio di Borges: con un tempo infinito e materiali infiniti anche una scimmia potrebbe riscrivere la Commedia. Qui di seguito 4 storie di quotidiana idiozia.
Le aziende sono strane? Caso 1, Carrefour
Sino a ieri Carrefour a Milano ha fatto letteralmente man bassa di punti vendita rilevando spazi dalle insegne concorrenti. Non ho dati statistici in proposito, solo lo stupore percettivo di chi passeggiando per le vie della propria città vede cambiare da un giorno all’altro la toponomastica distributiva attorno a sé. Spuntavano come funghi soprattutto i Carrefour Express, punti vendita che un tempo chiamavamo superette per via delle superfici limitate. Punto di forza dell’insegna gli orari d’apertura; punti di debolezza, limitata gamma di prodotto, qualità medio-bassa prodotti freschi, prezzi mediamente alti. Una strategia vincente basata sul servizio, ideale in una città iperattiva come Milano? Parrebbe che no. I giornali riportano la notizia di massicci licenziamenti (esodi incentivati secondo l’azienda) e della chiusura di parecchi punti vendita: 769 lavoratori in 9 regioni e la chiusura di 106 negozi. A detta dell’azienda la ragione è sempre la stessa, ovvero l’insostenibile pesantezza del costo del lavoro (sic). Domanda delle cento ghinee: premesso che gli stipendi dei lavoratori della distribuzione non sono certo da nababbi, cara Carrefour prima di acquisire a manetta hai per caso fatto un ragionevole business plan? (parrebbe che no).
Le aziende sono strane? Caso 2, Fastweb
Dopo lungo e doloroso peregrinare da una compagnia e l’altra sono tornato in Fastweb. Io sono sempre lo stesso, volubile e incazzoso; lei in compenso è cambiata in meglio e parecchio. Nel senso che funziona e ha smesso di rompersi ogni tre per due. Sono diventato un fastwebbista talmente fidelizzato e convinto che ho (abbiamo) fatto casa-ufficio più tre telefoni cellulari. Funziona. Tutto. E bene. E costa poco rispetto ad altri blasonati brand che evito di nominare per non incorrere in penali. Dov’è il problema quindi? Le aziende oltre ad essere strane sono anche autistiche, nel senso che non si parlano. Tra i loro comparti intendo. E questa incomunicabilità – al confronto la Vitti e Antonioni erano più loquaci di Renzo Montagnani nelle sue migliori interpretazioni pecorecce, genera fastidi e costi. Il fastidio sono le telefonate dei “consulenti” Fastweb che, garbatissimi, ti vogliono proporre un servizio che tu hai già comprato; i costi sono il tuo e il loro tempo sprecati, e la sensazione (che alla terza telefonata diviene certezza) di azienda male organizzata, che spreca tempo e denaro. Sospetto che gli shareholder non apprezzerebbero.
Le aziende sono strane? Caso 3, Ikea
Non è sempre facile acquistare in Ikea. Compare una cucina ad esempio. Il progetto della composizione è un tormento se l’addetto è particolarmente stupido. E’ quello che è accaduto a noi. Due ore di faticoso lavoro a computer paralleli, mascherati e distanziati come da regola anti Covid, buttate via: la creatura aveva sbagliato configuratore. Dopo due mesi di attesa, finalmente la sospirata cucina arriva. La squadra di montaggio, una squadra di tecnici esterni che al confronto quelli del pit stop di Formula Uno ci spicciano casa, arrivano in ritardo. Sono partiti alle sei per caricare la distinta base del mio ordine. Sulla scheda cliente ricevuta da Ikea sta scritto “via Parini”, indirizzo très chic, peccato non sia il mio. Arrivano alle 10, 30 e iniziano a lavorare che se li vedesse l’ingegner Taylor risorgerebbe trionfante. A lavoro portato a termine senza un attimo di tregua verso le 19 se ne vanno; a noi resta il compito di togliere le plastiche che proteggono le superfici dei mobili. Sorpresa: non tutte le ante sono opache come dovrebbero. Ma tranquilli, c’è il mitico Servizio Clienti che si occuperà anche dei pezzi in più (sì, ci sono 4 o 5 pezzi in più, inutili ma ovviamente pagati). Che dice il Servizio Clienti? Applicando il famigerato “Comma 22” (in tutte le aziende c’è un comma 22) mi informano che il costo del pezzi superflui (montanti alti 2,5 metri) mi verrà restituito. Ma li devo portare in negozio. Oppure pagare 49 euro per il ritiro a domicilio. Per quanto riguarda le ante sbagliate non c’è problema, basta ordinare quelle giuste: tra pochi mesi arriveranno… Insomma, è un problema mio, non loro. Domanda inutile se non neghittosa: funziona così anche nelle severe contrade del luterano Nord?
Le aziende sono strane? Caso 4, la deficienza artificiale
Avete presente la vocetta dell’Est, quella che non c’entra una mazza con la canzone di Mogol-Battisti, quella che puntualmente vi chiama quando siete sul piatto? Quella che opacamente recita “buon giorno signor Giuseppe, la chiamo per…” e sul cellu compaiono scritte tipo Teramo, Taranto o Vattelapesca? Voi come me sapete benissimo che è un call-center, non avete amici di Teramo e purtroppo neppure di Taranto; ma siamo gente di buon cuore, sicchè rispondiamo per dare ai disgraziati che fanno un mestiere di sputi e di insulti almeno il piccolo guadagno dei due spicci alla risposta. Bene, che fanno le aziende per risolvere una situazione palesemente insostenibile? Le persone normali potrebbero ad esempio pensare a soluzioni commerciali win-win basate sul reciproco vantaggio: è vero, ti telefono senza che tu richieda la mia chiamata; ma se mi ascolti guadagnerai un piccolo premio o un invito alla prova ragionevolmente allettante. Insomma un qualcosa di gradevole che possa risarcire l’interlocutore del bene più prezioso che esista: l’attenzione. Qualcosa che, nel peggiore dei casi, possa comunque contribuire ad alzare quella che chiamiamo “brand reputation”. Ma evidentemente le aziende non sono guidate da persone normali, sicchè non passa loro neanche per l’anticamera del cervello. Nel frattempo, la stanca vocina dell’Est (Albania, Romania, Bielorussia?) che non propone soluzioni win win è stata sostituita da una fresca, professionale e vigorosa voce registrata: “Buongiorno. La chiamo da parte di… per proporle…” esempio perfetto di deficienza artificiale. Talmente deficiente che neppure il nostro inemendabile buon cuore riesce a dargli ascolto.