La minuscola parte

By on Nov 2, 2024 in Contemporaneità

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Noi crediamo di rappresentare i migliori valori al mondo, ma siamo pazzi a pensarlo. Solo una minuscola parte del mondo è interessata a questioni come il femminismo o i diritti gay”. Ho letto più volte questa frase con il dubbio di non aver compreso come si fa con le istruzioni dell’Ikea. Ma il risultato, proprio come le istruzioni dell’Ikea, non è cambiato. È quel che Hanif Kuresishi ha dichiarato nel corso dell’intervista rilasciata a Federica Manzon (“laLettura”, 27 ottobre 2024). La prima persona plurale a cui fa riferimento lo scrittore britannico nato da padre pakistano e madre inglese siamo noi, i fortunati abitanti del mondo occidentale.

Noi crediamo di rappresentare i migliori valori al mondo, ma siamo pazzi a pensarlo. Solo una minuscola parte del mondo è interessata a questioni come il femminismo o i diritti gay” sono due proposizioni. Una è legata indissolubilmente all’altra: là dove le donne sono considerate animali da riproduzione e gli omossessuali finiscono appesi a una forca, ciò avviene perché i valori che noi ci ostiniamo a considerare “migliori al mondo” non sono riconosciuti né tantomeno praticati. Questi valori di cui andiamo (giustamente) orgogliosi sono il frutto amaro e doloroso di secoli di violenza e terrore: il lunghissimo tempo che abbiamo impiegato per riuscire anche solo a concepirli.

La domanda inevitabile è perché mai uno scrittore giudicato dal Times uno dei 50 più grandi dal 1945, sostenga una sciocchezza di questa portata; se infatti si fosse limitato ad affermare la prima delle due proposizioni (“Noi crediamo di rappresentare i migliori valori al mondo, ma siamo pazzi a pensarlo”) avremmo magari pensato di essere al cospetto dell’ennesimo intellettuale che l’età, lo stato di salute e il disincanto verso un’idea progressiva della storia, inclinano al relativismo depressivo; ma purtroppo la seconda proposizione accostata alla prima non lascia adito a dubbi.

Ora non è indispensabile sapere che l’autore del celeberrimo “Il Budda delle periferie” aveva l’abitudine di trascorrere sei mesi a Roma e altrettanti a Londra, dunque non esattamente città come Lagos o Islamabad, però fa pensare al modo in cui “noi” occidentali diamo per scontati i valori in cui siamo nati e cresciuti. Sicché dandoli per scontati non facciamo pressocché nulla per difenderli. Compito che un tempo spettava agli intellettuali e che anche Kuresishi con i suoi lavori sulla (difficile) integrazione tra culture e etnie diverse ha affrontato nei suoi lavori.

Non ricordo chi affermò che i valori non sono entità metafisiche che scendono dal cielo, ma espressioni della cultura di una civiltà. Ebbene, bisogna avere il coraggio di dire ad alta voce che ci sono civiltà che infibulano le bambine, altre che le inducano a giocare con le Barbie. Giudicare quali sia la migliore è un dovere prim’ancora che un diritto.