Forse ve la siete già scordata, ammesso che l’abbiate mai saputa. Dunque, c’è un nuovo furbetto del quartierino, tal Rovazzi Fabio, che ha l’astuta idea di pomparsi la diretta Instagram (se non sapete cos’è ve lo spiega Salvatore Anzarulla qui). L’ideona è fingere di subire il furto del cellulare che stava usando (per la diretta Instagram).
A me quello che fa o non fa Rovazzi Fabio interessa una cippa. Quello che mi riguarda (e quindi mi interessa) succede dopo: il video del (finto) furto viene immediatamente rimbalzato dai siti di news (Tg24, Repubblica, Stampa, Ansa, Fanpage, Corriere della Sera…). Partono i soliti pipponi sulla criminalità (sapesse signora mia quant’è criminale Milano) eccetera eccetera. E cinque minuti dopo (sempre su Instagram) il Rovazzi dichiara che era una finta. Un magheggio per pubblicizzare la sua nuova canzone. Insomma, una “supercazzola prematurata con scappellamento a destra come se fosse antani…” per dirla come la direbbe il conte Mascetti.
Ripeto: quello che fa o non fa Rovazzi Fabio interessa una cippa. Quello che mi riguarda (e quindi mi interessa) è che una notizia falsa come uno sputo di plastica venga rimbalzata senza un plissè (leggi: senza un controllo) da tutti i più importanti mezzi di comunicazione. Anche il sito di Repubblica di cui sono l’imbecille abbonato. Tradotto gli dò dei soldi per non distinguere la cacca dal cioccolato.
Come scrivono nella newsletter settimanale sul maledetto lavoro dei giornali gli amici del post.it, puttannate di questo genere avvengono “1) una inclinazione spasmodica delle testate ritenute più autorevoli a raccogliere qualsiasi contenuto che circoli sui social network, 2) un avvilimento della gerarchia di importanza delle notizie che promuove qualunque accidente riguardi una qualunque celebrity di qualunque scala, e 3) una rinuncia da parte delle redazioni a quel poco lavoro di verifica che esisteva nella cultura giornalistica del paese”.
Un tempo Manlio Cancogni denunciava l’equazione “capitale corrotta = nazione infetta”. Oggi potremmo ribadire con “giornalismo coprofilo = democrazia gastroenterica”.