La buona notizia di ieri sera, oltre agli gli exit poll olandesi, è che stavo in mezzo a un sacco di ragazze e ragazzi giovani, ma giovani veramente. La cosa più sorprendente è che si parlava (si discuteva) di politica mica di gattini su internet. Io, il solo anziano del mazzo, mi sono limitato ad ascoltare, occasione da non perdere se vuoi imparare qualcosa. Linguaggi novecenteschi quelli dei ragazzi; nel loro lessico infarcito di “allora” e “cioè” la facevano da padrone parole come “fede”, “impegno”, “responsabilità”, “cambiamento”. (Per chi non mi conosce, disambiguo subito: no, non mi trovavo ad un incontro degli Avventisti del Settimo Giorno).
Al buon umore di ieri sera, diciamo pure all’ottimismo, ha fatto riscontro la riflessione di stamattina. Con il consueto ritardo ho preso finalmente in mano il numero di sabato scorso de la “Lettura”. Un ottimo articolo di Sergio Romano racconta a pagina 5 come egli divenne “patriota europeo” da pischello qual era. Siamo nel primo dopoguerra e, racconta Romano, l’Europa non si divideva in nazioni vincitrici / nazioni sconfitte; fame, disperazione, rovine erano il tratto comune a tutti i paesi usciti dal conflitto. Vincitori e vinti nella stessa condizione. Da quelle macerie morali e materiali iniziò a concretizzarsi grazie a uomini politici concreti e avveduti il sogno utopico di uomini (e donne) come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Ursula Hirschmann, Eugenio Colorni.
Sul tavolinetto che mi fa da comodino, tra gli altri libri ci sta pure “Il continente selvaggio” (Keith Lowe, Laterza, 15 euro). A scanso di equivoci, saggiamente l’editore ha sottotitolato l’opera “L’Europa alla fine della seconda guerra mondiale”, anche se la foto in copertina di Norimberga nel ‘45 lascia adito a pochi dubbi. (E’ un libro che non riesco ad iniziare, anche se dovrò. Le fotografie e le tabelle che ho sbirciato sono terrificanti: stupri, prostituzione, fame, malattie, distruzione totale di infrastrutture, fabbriche, abitazioni civili… un continente che ritorna allo stato selvaggio con le belve pronte a qualsiasi ferocia pur di sopravvivere).
L’Europa, la tanto vituperata Europa dei burocrati, delle leggi ad minkiam, dell’iperliberismo economico che ammazza i più deboli (etc. etc) è nonostante tutto l’ancora di salvezza che ci ha garantito il più lungo periodo di pace dalla caduta dell’Impero Romano. Ecco perché è un buon giorno quando uno dei movimenti antieuropeisti viene in qualche modo fermato. Ecco perché è meraviglioso ascoltare ragazzi di cui potrei essere non padre ma nonno, parlare di “cambiamento”, “progetto”, “difesa dei più deboli”, “futuro”.