Il frutto del caso

By on Mag 13, 2017 in Comunicazione

Settimana ricca nel teatro della comunicazione. Aprono le danze le anticipazioni di un giornalista che non sarà ricordato per verticalità di postura. Un ministro della Repubblica avrebbe fatto pressioni all’ad di una banca (privata) affinché acquistasse un’altra banca (altrettanto privata) in palese difficoltà. Immediato plauso dei colleghi su Facebook, da tempo divenuto OUFI (organo ufficiale frustrati d’Italia).

Coro: dimissioni, dimissioni!

(Alle minacce di querela, segue immediata rettifica: le “pressioni” diventano “interessamento”, sia pur in presenza di un qual certo “profumo massonico”)

Tre giorni dopo, la Serracchiani se ne esce con un’affermazione semplice sino all’ovvietà: lo stupro commesso da un rifugiato a cui è stata data ospitalità è più grave (degli altri stupri) perché ad un delitto se ne somma un altro, ovvero il tradimento dell’ospitalità. Alla tradizionale orgia d’insulti su OUFI, si aggiunge anche l’intemerata di Saviano, l’uomo che alla parola “sicurezza” gli si infiamma il pericardio.

Coro: dimissioni, fascista, leghista, cretina!

(La precisazione che anche l’ordinamento giuridico contempla il concetto di “aggravante” risulta perfettamente inutile. Eppure, nella perfetta macchina narrativa dei Vangeli il “crimine dei crimini”, ovvero la consegna dell’Innocente al carnefice, non avviene per mano di un romano o di un esponente della gerarchia ebraica. Chi compie il misfatto è un seguace del Cristo, addirittura un membro del “comitato centrale”, l’apostolo Giuda. Solo così il delitto assume orrore totale: consegna dell’Innocente al martirio mediante il tradimento. Solo così la figura di Giuda diviene l’emblema assoluto del male; in tal senso Borges si spinge a postulare che il vero Cristo sia lui, Giuda. Solo compiendo il peggiore dei delitti, il Cristo si sarebbe fatto completamente e totalmente “Uomo”.)

L’unica vicenda teatrale che non genera nessuna indignazione, nessun commento, nessuna richiesta di dimissioni, riguarda il pur valido Woodcock, il giudice più recidivo d’Italia. Così la racconta il “Corriere della Sera”: “Sarebbe stato il Pm Henry John Woodcock a suggerire al capitano del Noe Gianpaolo Scafarto di dedicare un capitolo dell’informativa sull’inchiesta Consip all’interessamento alle indagini da parte dei Servizi segreti, rivelatosi poi non vero. È stato lo stesso Scafarto a dirlo nel corso dell’interrogatorio dell’altro ieri davanti al procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, all’aggiunto Paolo Ielo e al sostituto Mario Palazzi che lo hanno indagato per falso proprio in merito ad alcuni passaggi contenuti nell’informativa, tra i quali quello riferito ai Servizi”.

Un silenzio frutto del caso o forse della stanchezza. Anche strillare sul nulla richiede il suo bravo impegno.