Non ho visto “C’è ancora un domani”. Mi rallegra parecchio l’idea che Cortellesi abbia conquistato quel doppio ruolo di interprete e regista tradizionale appannaggio maschile; e in misura ancora maggiore il successo che il suo lavoro sta ottenendo. Le sono grato infine per aver affrontato un tema di grande nobiltà morale prim’ancora che politica: la dignità delle persone. Tuttavia è un film che non vedrò.
Spero sia un problema comune a quelli della mia età. Nel qual caso mi sentirei un po’ meno stupido. E’ da un pezzo che non riesco più ad essere spettatore passivo della violenza, in particolare quella di genere. Per dirla tutta, ho interrotto a metà la “Lista di Schindler” e non vedrò mai neppure “Il pianista” di Polański. Lascio ad altri le testimonianze delle donne israeliane torturate da Hamas: mi limito a fidarmi di fonti affidabili. Sento già l’obiezione. Ad essa rispondo che – anche riguardo la morte di Giulio Cesare, Napoleone o lo zio Giacomino – la sola cosa sensata è fidarsi di fonti autorevoli. (Quali esse siano è eventuale argomento di un altro post). Il motivo? Semplicemente non ce la faccio più.
Eppure quando ero giovane adoravo gli sparatutto, gli ammazzamenti all’ingrosso, i film di guerra (solo quelli in cui trionfano “i buoni”). Oggi, anche il grandguignolesco sadismo iperbolico di Tarantino in “Bastardi senza gloria” mi risulta insopportabile. Ma a differenza di Alex, il protagonista di “Arancia meccanica”, in me l’incapacità di essere spettatore dello spettacolo della violenza, non è stato indotto da cause esogene. Penso dipenda dall’età. Dall’averne viste e sentite troppe. Giusto per dire, stavo in quarta elementare e la radio gracchiava “aspri combattimenti a Luang Prabang”. Dalla mia infanzia in poi la catasta dei morti ammazzati è cresciuta al punto da superare anche il fagiolo magico di Jack. E non smette di crescere.
Così, non ho voglia di seguire le vicende di Delia. Una donna umiliata e offesa, presa a mazzate che neanche l’Anna Magnani dei suoi tempi belli, quando il neorealismo incantava Hollywood e faceva incazzare i democristiani.
Una storia emblematica dell’Italia massacrata dal fascismo e dalla guerra. Un paese di disgraziati privi anche di un solo grammo di quella cosa che chiamavano “coscienza di classe” (György Lukács perdonami) proletari che non vedevano l’ora di diventare piccolissimi borghesi solo per far dispetto a PPPasolini. Poi qualcuna iniziò a gridare che il personale è politico. Finalmente.