È nera

By on Gen 30, 2020 in Comunicazione

Con la parola “creatività” si finisce spesso col far confusione. Ad esempio la si attribuisce a contesti come la pubblicità che invece hanno assai poco a che fare con la facoltà creativa in senso stretto. Secondo la Treccani, creatività significa “virtù creativa, capacità di creare con l’intelletto, con la fantasia”. La pubblicità, in modo particolare le forme più coinvolgenti e convincenti, non crea nulla: né con l’intelletto e neppure con la fantasia.  La pubblicità imita. Annusa l’aria, identifica e poi sceglie una pista. L’interpreta e la cavalca, a volte con spudorata intelligenza, assai più spesso con morbosa banalità formale. Diciamo quasi sempre.

La pubblicità, come la buona vecchia DC che ormai solo gli anziani ricordano, non vorrebbe a priori scontentare nessuno; il suo sogno è piacere a tutti, donne, uomini, bambini, adolescenti, anche se l’oggetto del narrare è una colla per dentiere o il salva slip per signore incontinenti. Ma piacere a tutti non è possibile, come ammonisce la lapide che Th. Mann assicura si trovi sulla facciata di un palazzo a Lubecca che non ho mai scovato nonostante ben due tentativi. Questo dato di realtà l’ha capito vivaddio persino la pubblicità che infatti, complice la maturità dei mercati, è cresciuta, ed ha sia pur controvoglia imparato a segmentare e a scegliere a chi piacere in modo elettivo.

La pubblicità non inventa e non crea: copia (quasi sempre in modo maldestro) dal cinema, dalle serie tv, dalla fotografia e qualche volta persino dalla letteratura. E per questa ragione la pubblicità, come il canarino in miniera, è la spia della qualità dell’aria della società in cui viviamo. Un segnale palese e puntualissimo (la pubblicità non può, non deve, non vuole anticipare alcunché: quello semmai è il compito dell’arte) dei nostri preconcetti e delle nostre piccole e grandi comodità mentali: questo sta lì, quest’altro invece là; questo è in alto e questo in basso.

È per questa ragione che quando una campagna pubblicitaria parlando di famiglie propone anche una coppia gay, abbiamo il sollievo di pensare che sì, forse la società in cui viviamo non è poi così arretrata; senza però scordare che una cosa è l’intelligenza commerciale, un’altra il coraggio morale e che la missione di Ikea non è certo quella di educare alla tolleranza.

Ben venga quindi anche l’ultima campagna stampa della Range Rover, un mammozone da due tonnellate e mezza che le signore di Monza adorano parcheggiare con due ruote sui marciapiedi del centro quando vanno a fare la piccola spesa. Ben venga perché fa la spia e non nasconde sotto il tappeto un problema grande come una casa: in Italia le persone di colore per parecchi sono ancora una fastidiosa minaccia. La cosa peggiore tuttavia non è il razzismo, ma l’indifferenza. Dal primo si può guarire.

 

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