Oggi ho acquistato il primo numero di Domani. (Sì, lo so, è un calembour della mutua; a mia attenuante diciamo che l’ha provocato la frase di Walter Siti che campeggia nella versione digitale: “Il domani non è altro che l’oggi osservato con più attenzione”).
Un ben strano giornale questo primo numero di Domani che ho comprato oggi. Sulle 20 pagine dell’agile edizione cartacea firmano un numero decisamente consistente di scrittori. Oltre al già citato Siti, ci fanno compagnia Igiaba Scego, Arianna Farinelli, Gianfranco Carofiglio, Jonathan Bazzi e Daniele Mencarelli. Nonostante che la categoria ultimamente sia più svalutata di una moneta argentina, continuo a pensare che i giornali li debbano fare i giornalisti non gli scrittori. Che gli editoriali sulla crisi degli Stati Uniti, vera o supposta che sia, li debbano redigere opinionisti che il ruolo se lo sono conquistato sul campo e nel tempo. (Sento già qualcuno che alza la mano e cita i reportage in Albania dello sfortunatissimo Joseph Roth; ma lui giustappunto era grande oltre che sfortunatissimo. Il guaio degli scrittori, del loro valore intendo, è che te ne accorgi dopo, a volte persino parecchio dopo, di quanto fossero lucidi nel comprendere oltreché che a inventare. Nel frattempo ci si accontenta di un giornalista di quelli bravi, che si occupa di quella cosa lì e magari ha pure passato anni sul posto).
Eppure è stata una bella esperienza quella che ho compiuto oggi acquistando il primo numero di Domani. Che ripeterò domani, giusto per vedere quanti scrittori firmeranno il numero due e di cosa si occuperanno. Per oggi mi accontento della dichiarazione del direttore Feltri (nessuna parentela con i più noti Feltri junior e senior di UFFPOST e Libero). Feltri dichiara che i soli padroni di Domani saranno i lettori. Frase doppiamente infelice. Fu pronunciata dal sor Cilindro, al secolo Montanelli Indro, alla fondazione del suo “Giornale Nuovo” e sappiamo come è andata. Oltre ad essere infelice, errore più che perdonabile, è pure sciocca. Se il lettore è il tuo padrone sarà inevitabile scegliere le notizie che più lo aggradano e lo consolano; che più vellicano le sue convinzioni; che maggiormente certificano e consolidano le – tante o poche – cazzate che girano nella sua testa. Provate a scrivere sull’Unità degli anni ’50 che Stalin era un tagliagole industriale oltreché uno stronzo di proporzioni gigantesche. O dei 49 milioni sciroppati dalla Lega sulla “Verità”, e poi mi dite quanto sono contenti i lettori-padroni.
Un giornale libero (e quindi non “Libero”) spiazza. Disorienta. Provoca. Costringe a pensare. E vivaddio, nel frattempo magari pure informa. Un lavoro da giornalisti insomma. Ieri, oggi e pure domani.