Crisi

By on Gen 19, 2014 in Comunicazione, Contemporaneità

Crisi: dal latino CRISIS, dal greco KRISIS, che tiene a KRINO, separo, e figuratamente, decido. Momento che separa una maniera di essere o una serie di fenomeni da altra differente

Il giorno dopo il giornale è buono solo per incartare il pesce recita un noto aforisma. Un indubbio vantaggio competitivo rispetto a internet, nelle cui gore spesso e volentieri si incarta se medesimi, verrebbe da dire, se non fosse che la shelf-life dei giornali non è più neppure quotidiana.

Si comprano i giornali per affetto, o per leggere le opinioni, non più le notizie. Il quotidiano è diventato ormai da un pezzo una sorta di settimanale. E’ forse per questo motivo che fatico a gettare le copie esaurite temendo sempre di perdermi qualcosa, stimolo, nota, riferimento, indicazione bibliografica di un libro che chissà quando potrò leggere.

Pensavo più o meno a questo l’altra mattina davanti alla pila dei morituri col caffè in mano, quando mi è caduto l’occhio (metafora oculistica davvero imbarazzante) sull’intervista di Ezio Mauro a Sergio Marchionne. Nonostante fosse ormai un’intervista decotta, superata dalle decine di precisazioni, chiose, interpretazioni e commenti che la stessa aveva generato, mi sono sorpreso a rileggere il passaggio nel quale l’Ad di Fiat spiegava la genesi che ha portato la “piccola” azienda di Torino ad acquisire il 100% Chrysler.

Un’occasione unica, irripetibile, sostiene – certamente a ragione – Marchionne. Di quelle che si presentano una sola volta nella vita, un’opportunità generata da una crisi di incredibili proporzioni. Una grande casa automobilistica sull’orlo del fallimento, per quanto rilevante non è un fatto nuovo; una grande casa automobilistica sull’orlo del fallimento in un paese dove l’intera economia – produzione, occupazione, finanza, credito e consumi – pare vicina al fallimento, è un fatto dal terrificante sapore darwiniano. Lo spettro del ’29, che per me è fissato per sempre nelle immagini in bianco e nero di Dorothea Lange, la rassegnata disperazione dei contadini del mid-west, l’arrivano-i-nostri del new-deel roosveltiano, fa nuovamente la sua comparsa oggi, a colori.

Qualche sera fa sul canale digitale di Rai Storia, l’ottimo professor Barbero ha presentato per “ACDC, focus sul Medioevo” una puntata dedicata alla peste nera. Il commento di Barbero è centrato sul concetto di crisi e sul cambiamento che sempre le crisi comportano; sulla crisi come fattore di rigenerazione, di trasformazione, di rottura di un paradigma, riprendendo in questo le interpretazioni più accreditate del fenomeno che tra il 1348 e il 1350 ridusse di quasi la metà la popolazione europea.

I primi focolai scoppiarono nei porti, a partire da Costantinopoli, Messina, Genova, Pisa e Venezia, per poi diffondersi in tutta Europa. Secondo le cronache dell’epoca la gente moriva per le case, nei palazzi, per le strade, in viaggio cercando inutilmente la salvezza; morirono contadini e cittadini, miserabili e re, soldati e marinai, banchieri e artigiani, giudici e vescovi, uomini pii e individui malvagi, vergini e cortigiane, preti e suore, giovani e vecchi, analfabeti e sapienti, sciocchi e avveduti. Morirono ovviamente anche i medici che tentarono inutilmente di curare gli appestati.

Città come Firenze, Venezia, Milano, Parigi, Londra si ridussero da un terzo a metà. Dopo due anni interminabili la pandemia cessò. Chi sopravvisse si trovò a disporre per una banale ragione aritmetica di risorse inaudite, case, terreni, capitali, opportunità di lavoro: gli asset erano rimasti gli stessi, la popolazione no. La peste nera ruppe quindi l’equilibrio fra crescita della produzione e crescita demografica rimasto inalterato per secoli.

A fronte di abbondanti terre coltivabili, la forza lavoro diventò una risorsa scarsa e ciò provocò un aumento dei salari e lo sviluppo di tecnologie più efficienti (come l’uso di aratri migliori) che permisero coltivazioni più intensive. In Inghilterra, nazione allora molto arretrata rispetto al resto d’Europa, il re tentò persino di vietare gli aumenti salariali con un editto destinato ad infrangersi miserevolmente contro la legge della domanda e dell’offerta.

Un evento terribile, una crisi tra le più spaventose nella storia dell’umanità, è stato uno dei fattori che ha favorito la rivoluzione industriale, l’instaurarsi di un’economia di tipo capitalista, lo sviluppo e la prosperità delle nazioni europee. Dalla quella crisi, insieme a capolavori come il Decameron, nacque un’altra Europa: straordinariamente propositiva, ricca, curiosa, capace di inventare – letteralmente – il nuovo.

Cosa ci porterà la crisi che (dicono) stiamo terminando di attraversare?