Ciribiribì baci

By on Dic 21, 2024 in Contemporaneità

kodak

Anche quest’anno l’amata cugina T. ci ha regalato il calendario dell’avvento. Sapendoci inemendabili ghiottoni sceglie calendari gastronomici ai quali l’originario significato natalizio è persino più pretestuoso della Festa della Mamma in un orfanatrofio. Ma come insegna il pur soporifero Esiodo, ogni giorno ha la sua opera e non è davvero il caso di sindacare il fatturato altrui.

Apriamo il pacco con avvertita curiosità. Scopriamo che dopo Lindt e Ferrero è il turno di Baci Perugina. Dovete sapere che sui baci di Perugia ho intinto il biscotto più e più volte raccontando non per amore ma per denaro le mirabili invenzioni della grandissima Luisa Spagnoli; nonostante la gratitudine che nutro nei loro confronti devo tuttavia confessare che i “baci” per me restano confinati in un’età tra l’infanzia e l’adolescenza essendo approdato nel corso degli anni ad una più matura consapevolezza cioccolattiera; quando scopri che in Italia il cioccolato più squisito lo fanno a Torino è inevitabile abbandonare la signora Luisa. Insomma, per farla breve era parecchio che non assaggiavo un “bacio”.

Siamo golosi, ingordi e voraci. Ma rispettiamo le regole. E poiché siamo storditi da impegni, scocciature e contrattempi, ci scordiamo del calendario anche se troneggia in cucina. Quando ce ne avvediamo abbiamo almeno una settimana da recuperare e allora alé, apriamo una dopo l’altra le caselle. Ne escono “baci” avvolti nel cartiglio tradizionale e versioni aggiornate di color marrone, insieme a bizzarre palline perfettamente sferiche. Li apriamo. I “baci” sono decisamente più piccoli, e anche il sapore non è quello che ricordavamo: effetto della shrinkflation  come dicono quelli del marketing? E anche il cambio della formula risponde alla logica del cost saving? Perbacco, due sfighe in una: più piccoli e meno appaganti al palato.

Anni e anni fa lessi un saggio bellissimo di Stephen Jay Gould, brillantissimo paleontologo e storico della scienza, uno che allo sconfinato sapere univa il divino dono della divulgazione. Non ricordo in quale raccolta di saggi (forse “Bravo brontosauro”) volumi che quei maledetti di Feltrinelli vendevano a cifre folli e non avevo più l’età e l’impudenza per arrubarli in libreria, Gould stabiliva una sbalorditiva correlazione tra la diminuzione del peso della barretta di cioccolato più amata dai ragazzi americani e la crescita delle ossa dei dinosauri. (Sono passati trenta o quarant’anni da quando lo lessi; ovviamente ho scordato lo sviluppo del ragionamento, ma ricorderò per tutta la vita l’intelligenza dell’accostamento concettuale). Tornando al marketing, e in particolare al marketing della multinazionale che si è ingroppata i “baci”, non posso non notare come le aziende continuino a commettere gli stessi errori. Sempre gli stessi e sempre potenzialmente catastrofici per il futuro dei brand. Un’attitudine alla stupidità che mi fa venire in mente le vicende del giovane Ottone II narrate da Marc Bloch (“La società feudale”). L’imperatore Ottone “commise la singolare follia, infinite volte ripetuta nel Medioevo, di scegliere l’estate per condurre verso le terre riarse un esercito avvezzo a ben altri climi e essendosi scontrato il 25 luglio sulla costa orientale delle calabria con le truppe maomettane subì da parte loro la più umiliante delle sconfitte”.

Come noteranno i miei sagaci lettori, l’immagine a corredo di questa madeleine non è immediatamente alimentare; e a onor del vero neppure mediatamente. L’ho scelta per due ragioni. La prima perché mi riporta a un passato lontanissimo, quando l’idea della guerra in Europa appariva più lontana di Andromeda; la seconda perché anche un’azienda come Kodak – apparentemente più inaffondabile dell’Arca di Noè – può sparire dalla faccia del pianeta nel giro di cinque minuti.