Mai incontrato di persona Carlos Ghosn, sovrano assoluto della triade Renault-Nissan-Mitsubishi; l’eco delle sue gesta arrivava anche a me nei giorni di felice lavoro con i dirigenti Nissan, gente in gamba, seria e preparata. Uomo di potere, come tutti quelli al vertice nel mondo automotive, uomo di visione (idem) ha salvato Nissan dal disastro finanziario e guidato la triade RNM al vertice della produzione mondiale. Primato che porta evidentemente una sfiga terribile visto che tutti coloro che lo raggiungono (prima Toyota, poi Volkswagen e ora il Gruppo Renault) incappano in qualche guaio.
A Carlos Ghosn, il libanese brasiliano formatosi in Francia, è capitato quello peggiore, l’arresto per sospetta frode fiscale e il conseguente licenziamento in tronco. Intendiamoci, non è il caso di fare una raccolta fondi, chè il nostro portava a casa tre stipendi milionari in milioni di dollari, pare 8 x 3, in un colpo solo, cosa che ha fatto incazzare non poco il Presidente Macron. Lui, nel senso del signor Ghosn, in proposito rispondeva che il valore (e quindi il prezzo) di un Ceo si misura dai risultati; e lui di risultati ne portava eccome, dai volumi di vendita alla svolta elettrica. Ragionamento il suo che, almeno apparentemente, non fa una grinza; peccato che a Carlos Ghosn, oltre alla frode fiscale abbiano contestato pure un uso disinvolto di asset aziendali.
Strano mondo quello delle auto. Negli ultimi tempi tra dieselgate e furbizie assortite pare che nessuno dei grandi produttori possa vantare una coscienza immacolata come quella di Maria Goretti. Il capitalismo contemporaneo, trionfatore assoluto della scena anche per assenza di validi sfidanti, non sembra passarsela troppo bene, come sostiene in ottima compagnia Mariana Mazzucato, la bella economista autrice del recentissimo “Il valore di tutto”, saggio sui creatori di valore e su chi invece il valore se lo succhia come una caramella. Un capitalismo privo di regole, limiti e controlli, che consente ai colossi digitali di non pagare le tasse, di taroccare i software dei motori e ai Ceo disonesti di bianchettarsi i cedolini paga. Un capitalismo che non dovrebbe avere futuro, ma del quale non possiamo fare a meno per palese assenza di ragionevoli alternative: il sovietismo era peggio e anche il compagno Maduro non se la passa troppo bene.
Nel dubbio (“Dubita che le stelle siano fuoco; dubita che il sole si muova; dubita che la verità sia mentitrice: ma non dubitare mai del mio amore”) consoliamoci con un dato tristemente indiscutibile: la bizzarra norma per cui i super manager guadagnano anche 400 volte più di un loro dipendente. Che ci sia del marcio in Danimarca è assodato, ma pure a Petaluma c’è poco da scherzare).