Ogni volta che leggo un lavoro di Carlo Rovelli so che sarà necessaria una seconda lettura. E poi una terza e una quarta. Sono consapevole che ciò che credevo di aver compreso sparirà miseramente dalla mia mente con la stessa velocità con cui l’acqua, levato il tappo, scorre nel lavandino. Gli amici fisici che frequentavo nei (lontanissimi) anni dell’università mi assicuravano che è normale. Dicevano che se gli strumenti non vengono adoperati tutti i giorni finisci con lo scordare il loro uso e non distingui la zappa dal piccone. Peccato che i loro strumenti – il formalismo matematico – siano per quasi chiunque più oscuri della Pizia. L’ultimo lavoro di Rovelli si chiama Helgoland. Tratta di meccanica quantistica. La teoria che negli ultimi cento anni ha avuto più successo nello spiegare le cose. Quali cose? Tutte: dai satelliti agli smartphone, dal giro degli elettroni ai vortici...