Ci sono parole che si ha timore a pronunciare. Una è “progresso” (dal lat. progressus –us, der. di progrĕdi “andare avanti, avanzare”). Suona ridicola, ingenua come un ragazzotto di provincia in vista per la prima volta in grande città. Forse la causa sta nel grande successo che ha avuto in passato e delle aspettative che ha creato: il progresso sarà infinito; staremo bene, anzi benissimo, tutti; sempre meglio. Scomparse la miseria, le guerre, le malattie. Tutti insieme, tutti uniti, tutti fratelli. Di certo “sinistra” è la parola che ultimamente si ha più ritegno a nominare. Mentre “destra” la si brandisce più che esibisce con voluttà, “sinistra” la si sussurra con lo stesso malcelato imbarazzo con si guadagna l’ingresso del bar più vicino: “Buongiorno! Vorrei un caffè!” E poi sottovoce: “Può indicarmi la toelette per favore?”. Forse ci si vergogna della parola “sinistra” perché...