Si dice che l’estate sia la stagione più propizia per la scialla. Un tempo si sarebbe detto per il dolce far niente (fateci caso, entrambe le espressioni sono divenute titoli di film: il cinema e la pubblicità ingoiano come piante carnivore gli altrui linguaggi). Tuttavia quando “le barche si chiamavano Rosina e Anna e io andavo al lago tre mesi da mia nonna” (cit) l’estate era la stagione delle letture. Oggi le barche le chiamano “Don Fefè” e il massimo dell’impegno sono quattro claim instagrammati. Ma poiché questo è il blog per il ceto medio immiserito, gli otto sciammannati che ostinatamente insistono a leggermi sanno che ci tocca lèggere, anche quando (soprattutto se) non di pagine leggère si tratta. Non è questione di pesantezza. Una lettura pesante molto spesso (se non quasi sempre) è come una cottura inutilmente pesante. La cui pesantezza non dipende dalla peculiarità della...