Non ne comprendo la ragione ma devo mio malgrado ammettere che la compagine dei negazionisti mi mette di buon’umore. Pittoresca come gli Hare Krishna di parco Sempione, comprende un arco di varia umanità più variegato di una scatola di Caran d’Ache. C’è il tenore pop, il lego-sovranista, l’ex attor giovane specializzato in scene isteriche e pure il raffinato filosofo di sinistra-sinistra spintosi talmente a sinistra da non distinguersi più dalla destra.
Il virus non esiste, non esiste più, non è mai esistito. Il virus, ammesso che esista ancora, lo portano gli immigrati. Le politiche di contrasto alla pandemia sono una palese (vergognosa, scandalosa, avvilente, umiliante etc. etc) negazione delle libertà. Salvini, Sgarbi, Bocelli e il pur valido Agamben, il pensatore che ci avverte di come il diritto alla salute si sia trasformato in dovere, uniti nella lotta. Un’inedita alleanza che mi ricorda la simpatica armada che gloriosamente affossò il primo e sino ad ora unico tentativo di riformare il paese più irriformabile del mondo.
Agnes Heller sosteneva che la più grande contraddizione del Novecento stesse nel dualismo libertà/vita, a suo dire un’antinomia irrisolvibile. Purtroppo abbiamo imparato che è inutile discutere con chi nega a prescindere. Da Treblinka allo sbarco sulla Luna, dal Covid 19 agli effetti del 5G, dall’utilità dei vaccini alla conformazione della Terra, chi nega continuerà a negare. In buona fede gli ignoranti, in cattivissima i mestatori in crisi di consensi.
Ci sarebbe da rallegrarsi: non occorrerà aspettare millecinquecento anni come accadde con Tolomeo, sarà sufficiente l’autunno e dopo di esso “l’inverno che uccide i colori”. E se poi sventuratamente dovessimo ancora assistere alle teorie di camion in Lombardia, nessun problema: un capro lo si trova sempre.