Effetto Rana, Giovanni

By on Feb 24, 2021 in Filosofia

Apro l’edizione digitale di “La Repubblica”. Vado alle pagine della cultura e m’imbatto in un articolo di Massimo Recalcati: Non è che sia una gran novità imbattersi in uno suo scritto. Ma oggi, forse complice l’incipiente primavera, devo essere persino più rincoglionito del solito. Impiego una colonnina, una colonnina e mezza, per comprendere che l’impegnativo scritto di Recalcati su Sartre e le ragioni per leggere o ri-leggere con il trattino come si usava nei tardi Sessanta, non è un articolo ma la recensione di saggio di prossima pubblicazione. Cosa c’è di strano, si chiederanno i miei sfaccendati lettori, lievitati nel frattempo al numero di diciotto?

Niente, se non il fatto che il recensore è l’autore stesso. Massimo Recalcati ci spiega perché sia importante (utile, indispensabile, fondamentale: scegliete la parola che più vi aggrada, i lacaniani sono notoriamente maestri di libertà) leggere l’ultimo saggio di Massimo Recalcati edito da Einaudi per riscoprire Sartre e liberare la psicoanalisi dalle pastoie del cognitivismo post-strutturalista di derivazione deleuziana, reduci come tutti siamo della feroce radicalizzazione heideggeriana eccetera eccetera. Così, il soggetto Recalcati recensisce il prodotto del pensiero di Recalcati alla stessa stregua del signor Rana che raccomanda (promuove, consiglia, caldeggia) l’adozione dei propri tortellini. Ben oltre gli ormai consueti salamelecchi a mezzo stampa che vedono lo scrittore Pippo raccomandare l’ultimo romanzo del collega Paperino, nell’attesa che la poetessa Topolina recensisca (entusiasticamente) entrambi, in un corto circuito che ormai assomiglia ai trenini di allegri scambisti porcelloni, siamo arrivati al nuovo limite: l’auto-recensione elogiativa.

Sottovoce, sommessamente come è d’uso dire d’oggi, mi permetto di affermare che l’idea che Sartre possa oggi essere considerato “un cane morto” (la definizione è di Recalcati) che la psicoanalisi possa essere salvata (corroborata, rinvigorita, rifondata) grazie al contributo di pensiero neo-lacaniano del Nostro, non mi toglie il sonno. Anzi, per dirla tutta, mi frega persino meno dell’autobiografia del pur valido Casalino. Qualcuno dovrebbe però ricordare a Recalcati che l’auto-recensione ha un che di vagamente masturbatorio, giusto un ciccino. Per non parlare di assordanti echi narcisistici. E, sia detto di passaggio, per quanto riguarda l’arte del fai-da-te il solo evento degno di memoria mi pare sia l’auto-analisi del signor Freud, epica quanto palesemente inevitabile.

Ah, scordavo: c’è qualcuno che ha voglia di ricordare al direttore Maurizio Molinari che, Eugenio Scalfari a parte, a tutto c’è un limite?

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