Hanno la faccia come il chiurlo

By on Mag 18, 2024 in Comunicazione, Contemporaneità

Secondo Wittgenstein il significato di una parola è il suo uso in un particolare contesto; di conseguenza, il linguaggio altro non sarebbe che un insieme di “giochi linguistici”, attività costruita in base a delle regole, in assenza delle quali (aggiungo io) la comunicazione sarebbe impossibile. Che “gioco linguistico” sta dietro a parole come islamofobo e – lanciata nel mercato della comunicazione giusto in questi giorni – russofobo? Se trovo raccapricciante il governo (e i metodi di governo) della teocrazia iraniana sono islamofobo? Se provo orrore e disgusto per la pratica della sharia? E se ritengo che chiunque voglia vivere nell’Europa laica e democratica deve in primo luogo impegnarsi a rispettare le sue leggi a prescindere dal proprio credo religioso? Analogamente, se trovo raccapricciante il governo (e i metodi di governo) della Russia putiniana sono russofono? E se...

Misogino lo dici a tua sorella

By on Mag 13, 2024 in Comunicazione

Il prodotto più difficile? La politica. Mica la carta igienica o l’adesivo per dentiere, che al confronto son robetta per stagisti neanche tanto svegli. La politica o meglio i politici, che la metà degli aventi diritto si rifiuta di votare; la politica e i politici, che una quantità strabocchevole di italiani guarda con disprezzo; la politica e i politici, che sempre più italiani considerano tutti eguali e tutti egualmente nefasti. Insomma, avere a che fare con uno shampoo antiforfora che come tutti gli shampoo antiforfora si guarda bene dal levarvi la forfora, o con una mutanda assorbente per adulti incontinenti, è una passeggiata di salute al confronto. Ma nonostante tutto a ogni giro i pubblicitari ci ricascano. Per amore o per denaro, per narcisismo o per ricatti inenarrabili che per l’appunto si guardano bene da narrare, prestano il loro mestiere al “Vota Antonio!” di turno....

Chi lo getta via non è figlio di Maria

By on Mag 6, 2024 in Comunicazione

Michele Serra, rispondendo al mio commento sulle patatine sacrileghe, confessava di non ricordare i brand delle pubblicità. Le storie sì, ma non i nomi dei prodotti. Accade a sacco di persone ed è l’ur-cruccio dei pubblicitari. Nonostante tutti gli strumenti di indagine di cui dispongono (pre, post e pure durante) misurare a priori l’efficacia di un piano media è praticamente impossibile. Così ci si rassegna al fatto che una quota consistente dell’investimento (un terzo, metà, due terzi?) finirà nel cesso e non sapremo mai quale; come se una buona metà della folla in piazza San Pietro all’ora della benedizione papale fosse composta da pastafariani o da gente capitata lì per caso. Pensavo a tutt’altro, forse all’anca di Sinner che mi ricorda Giacobbe alle prese con l’angelo o forse distratto da Madeleine che strapazza la bottiglia vuota della Ferrarelle, quando sullo schermo compaiono...

Una durata lunghissima

By on Apr 17, 2024 in Contemporaneità

A volte i libri non li scegli, ti vengono incontro scodinzolando come cagnoni in cerca di carezze. Sono i libri che mai avresti comperato né tantomeno letto. “Cuori e denari” di Giorgio Ruffolo che Einaudi ha pubblicato nel lontano 1999 – forse per motivi che esulano dall’editoria – è uno di questi. Mi capita tra le mani ad un passo dall’evento più drammatico che possa capitare a un libro, quando è giunta l’ora di gettare i volumi dei nonni e dei padri. E pure quelli – chissà, forse mai letti – dei figli. La mattanza – bisogna far spazio ad altri libri, altre letture, altri sogni – si consuma quando si chiudono le case dei vecchi e si è costretti a scegliere cosa salvare (“…un amuleto che tu tieni / vicino alla matita delle labbra /al piumino, alla lima: / un topo bianco, /d’avorio”). “Cuori e denari. Dodici grandi economisti raccontati a un profano” s’era salvato...

Il silenzio degli innocenti

By on Apr 7, 2024 in Contemporaneità

Sono passati sei mesi dal 7 ottobre. In questo lasso di tempo è avvenuto un perfetto scambio di ruoli: Israele ha indossato la veste del carnefice, gli assassini quello delle vittime. Nel frattempo, una parte (maggioritaria, consistente oppure marginale?) del mondo islamico continua a gioire all’idea di ammazzare l’ebreo. Sorvoliamo sulle enormi responsabilità politiche del governo israeliano. Clamorose al punto di fargli perdere la guerra della simpatia e della solidarietà, peraltro un classico nella storia millenaria del popolo ebraico, indiscusso campione mondiale di caproespiatorietà. Proviamo invece a concentrarci sul fatto che le reazioni di Israele giuste o sbagliate che siano nascono dall’eccidio di 1.200 persone. Un massacro teorizzato prim’ancora che pianificato ed eseguito: uccidere l’ebreo è la ragione sociale di Hamas. Conosco poco della guerra israeliano-palestinese e...