Le noir c’est toujour chic?

By on Ago 26, 2021 in Contemporaneità

Le ho incontrate l’altro giorno in piazzetta Pattari. Altissime, addirittura ingombranti negli enormi chador neri, corpi e volti perfettamente celati, uscivano da un bar pizzeria per turisti che non si interessano di moda né di design; erano seguite da due figure maschili che per la vergogna di appartenere allo stesso sesso non ho avuto il coraggio di guardare negli occhi. Invece il giorno prima il padrone della schiava vestita di nero l’ho osservato un po’ meglio: un uomo di mezz’età, calvizie diffusa, incedere lento nel bel mezzo del marciapiedi a Rapallo, seguito a un paio di metri di distanza dal fagotto nero, gli occhi rinchiusi dalla grata del burka. Ho un rifiuto fisico dell’Islam radicale. Mi genera un fastidio simile alla nausea. Detesto quel mondo in modo istintivo, automatico, senza possibilità di contenimento né di appello. Le donne sformate dalle gravidanze, infagottate...

“Sono ebreo, anche”

By on Ago 3, 2021 in Filosofia

Mi vergogno un po’ ma è andata così. Ho acquistato e letto “Sono ebreo, anche” di Arturo Schwarz solo dopo la sua morte avvenuta poche settimane fa. La distinzione acquistato/letto ha la sua importanza; il tempo di latenza in libreria è sempre più ridotto, e gli editori mandano i titoli fuori catalogo con la velocità con cui si sgranocchiano le patatine fritte. Per nostra fortuna i libri non sono come gli incontri che abbiamo rinviato o le parole che non abbiamo pronunciato nell’illusione che ne avremmo avuto il tempo. Se si ha l’avvertenza di comprarli all’impronta, i libri sono pazienti e sanno aspettare senza fare troppe storie. Fine del prologo. Il sottotitolo del libro di Schwarz (“Riflessioni di un ateo anarchico”) spiega il suo valore; o meglio: la sua utilità. Di norma mi guardo bene dal citare, per dirla con Marx, il “valore d’uso” di un libro, un quadro, un quartetto d’archi....

La versione di Gedi

By on Lug 20, 2021 in Comunicazione

Oggi mi ha scritto “la Repubblica”. Niente di personale s’intende. La stessa mail l’hanno ricevuta qualche centinaio di migliaia di persone che come me hanno sottoscritto un abbonamento. In realtà mi ha scritto Gedi, la nuova mamma di Repubblica. Poiché è preoccupata per via della retention quella cosa che ha che fare con la fedeltà di consumo, mi propone di partecipare al programma “Gedi Smile” (scritto tutto maiuscolo) il Club (maiuscolo) che si prefigge di sorprendermi ogni giorno regalandomi premi, vantaggi e emozioni (senza la “d” eufonica) continue. Perché, prosegue Gedi, “la felicità è un’abitudine quotidiana”. Ora, come ben sanno gli otto sfaccendati che continuano a seguire queste noterelle che io continuo a chiamare “madeleine” come se fossero biscotti a forma di conchiglia pucciati nel tè nonostante il caldo anche se biscotti non sono; come sanno gli sfaccendati dicevo, di...

Idealista

By on Giu 27, 2021 in Comunicazione, Contemporaneità

La pubblicità, ormai lo sanno anche i paracarri, non ha mai inventato niente. Contrariamente ad ogni altra forma di comunicazione, la pubblicità non precede, non anticipa, non determina nessun cambiamento. Nel migliore dei casi lo annuncia. Come il solerte commercialista e l’avveduto notaio, la pubblicità annusa lo spirito del tempo e sagacemente lo rende manifesto. È stato così al tempo del “chi vespa mangia le mele” e del “cuore di panna”, campagne dedicate ad una nuova generazione di adolescenti finalmente liberi di scoprire (e in qualche misura pure praticare) sentimenti ed emozioni. Inutile (ingiusto?) chiederle di più. La pubblicità, soprattutto quella “buona” cioè fatta bene, misura la sua ontologia attraverso una sola metrica: le vendite. Tutto il resto – notorietà, reputazione, moralità – sono le fole che il bravo pubblicitario sa di dover raccontare (e, dall’altra parte della...

Zusha, perché non sei stato Zusha?

By on Giu 7, 2021 in Filosofia

La fortuna editoriale di Bauman è stata fulminea quanto tardiva. Ha iniziato a scrivere i suoi libri nel 1990 quando lasciò per raggiunti limiti di età la cattedra all’Università di Leeds. Una capacità di elaborare il pensiero sostenuta da una scrittura altrettanto vertiginosa ha fatto sì che l’aggettivo “liquido” – comune nel linguaggio quotidiano quanto desueto in sociologia- diventasse il sinonimo della sua produzione intellettuale; così, da un giorno all’altro, l’amore, la modernità, il mondo, il consumo, il lavoro e persino la paura, si sono liquefatte e hanno perso per sempre solidità e consistenza. Delle molte opere quelle che più amo sono strutturate sotto forma di dialogo: “Babel” (con Ezio Mauro), “L’ultima lezione” (con Wlodek Goldkorn) e ora “A tutto campo”, (con P. Haffner). Non è un caso. Nel dialogo, e in alcuni casi nel contraddittorio, il pensiero di Bauman perde...