Secondo Wittgenstein il significato di una parola è il suo uso in un particolare contesto; di conseguenza, il linguaggio altro non sarebbe che un insieme di “giochi linguistici”, attività costruita in base a delle regole, in assenza delle quali (aggiungo io) la comunicazione sarebbe impossibile.
Che “gioco linguistico” sta dietro a parole come islamofobo e – lanciata nel mercato della comunicazione giusto in questi giorni – russofobo?
Se trovo raccapricciante il governo (e i metodi di governo) della teocrazia iraniana sono islamofobo? Se provo orrore e disgusto per la pratica della sharia? E se ritengo che chiunque voglia vivere nell’Europa laica e democratica deve in primo luogo impegnarsi a rispettare le sue leggi a prescindere dal proprio credo religioso?
Analogamente, se trovo raccapricciante il governo (e i metodi di governo) della Russia putiniana sono russofono? E se provo orrore e disgusto per la violenza sistematica con cui il governo russo manifesta la propria volontà di potenza sono russofobo?
L’abilità degli islamisti consiste dunque (anche) in questo: creare una narrazione tale da stravolgere il senso comune. Se condanno i matrimoni combinati, la poligamia, il tentativo di imporre regole religiose nella società civile europea come, ad esempio, le piscine esclusive per le donne musulmane, non difendo il principio di libertà individuale e il rispetto della laicità dello Stato, bensì sarei islamofobo. E’ un’abilità consolidata al punto da mettere in soggezione anche il papa il cui silenzio sulla questione si è fatto assordante.
L’abilità del nuovo signore del Cremlino è invece di lunga data. Poggia sulla tradizionale abilità zarista e poi bolscevica di alterare la realtà forgiandone una completamente nuova. Un’arte della disinformazione che nel “Protocollo dei Savi di Sion” raggiunge uno dei suoi punti più disgustosamente alti superata forse solo dal “Protocollo segreto” Molotov-Ribbentrop, il patto che sanciva la spartizione della Polonia.
Secondo il dizionario Treccani la retorica è “L’arte del parlare e dello scrivere… con finalità prevalentemente pragmatiche, come tecnica del discorso teso a persuadere”. Un’arte che richiede inventiva e approfondite conoscenze tecniche, come sa bene ogni artigiano della pubblicità. La questione tuttavia è un’altra: si fa convincere dalla pubblicità (e a maggior ragione dall’ars retorica) solo chi è già predisposto ad essere persuaso. Perché mostra interesse per quell’oggetto, quell’iniziativa, quell’evento. Qual è dunque l’indubbio fascino che il mondo islamico esercita su giovani donne e giovani uomini che, sventolando in modo acritico la bandiera della Palestina, si mostrano incapaci di comprendere l’equivalenza Hamas / Iran / dispotismo islamico? Temo non lo sappia neppure il chiurlo.