Tanto vale dirlo subito. L’acquisto oneroso di “Un secolo dentro l’altro” (Alfonso Belardinelli, Il Saggiatore) darà la stura una serie infinita di madeleine. Il volume, 1080 pagine rilegate in brossura, raccoglie articoli pubblicati tra il 1990 e il 2012. Leggerli oggi ha un effetto tra lo straniante e il dirompente. Afferma Belardinelli in esergo: “Ciò che troviamo e ci viene offerto in una mostra, in una libreria, in un concerto, non è cultura se non quando pronunciamo un giudizio compiendo delle scelte. Non c’è cultura se non c’è critica”. Ed è precisamente la sparizione della critica l’evento più clamoroso della nostra epoca. Senza critica non c’è distinzione. Processo di pensiero che viene assai prima della comprensione. Così, potrà persino accadere che Susanna Tamaro venga scambiata per Virginia Woolf, per dirne una (e non delle più gravi).
Che effetto fa leggere articoli di critica culturale pubblicati venti o trenta anni fa? Da un lato c’è l’effetto cannocchiale rovesciato: è un effetto paradosso, rende incredibilmente più chiare le cose che accadono oggi; dall’altro si vive un senso di liberazione scoprendo che molti di quei pensieri pensati in silenzio e mai espressi per timore e pudore, non erano poi così imbecilli. Chi come me è solo un viaggiator curioso, lettore che non esercita il mestiere della critica accademica e men che meno di quella militante, ha il dovere dell’umiltà e della prudenza. Ma che sollievo, che leggerezza di finestre spalancate in stanze stantie, scoprire che molti dei pensieri che da tempo ti affollano la mente sono argomentati dal Belardinelli con stringente acutezza.
Qualche esempio. E’ degli anni Novanta l’articolo sul comparaggio letterario, la triste pratica della recensione vicendevole, che a me ricorda quella dei cani quando s’incontrano in branco e s’annusano le terga per stabilire le loro gerarchie; è sempre di quel decennio il pezzo sulla pubblicazione di poesia – un’edizione non si nega a nessuno? – in modo totalmente privo di discernimento editoriale prim’ancora che critico. Pensieri a cui fa riscontro la notizia non so se più ferale o ridicola riportata dai giornali in questi giorni: il 30% dei libri pubblicati non vende neppure una copia. Che sarebbe a dire che un terzo di quanto viene stampato-confezionato-spedito finisce dritto al macero (l’economia circolare ringrazia).
“Cari critici”, pare abbia affermato Alessandro Baricco, “Ho diritto a una vera stroncatura”. “Caro Baricco, io la recensisco ma lei non mi legge” gli ha risposto Giulio Ferroni, studioso sodale del Belardinelli. Ecco, credo che la critica serva a questo: dubito migliori l’autore, ma di certo aiuta il viaggiator curioso a meglio comprendere ciò che sta leggendo.