Gli italiani preferiscono lo Spritz

By on Giu 8, 2023 in Contemporaneità

Pur ammirandolo, l’ho sempre detestato cordialmente. Il “modello Feltrinelli”, l’idea attribuita a Inge che nel 2001 trasformò delle ottime librerie in modesti punti vendita multiprodotto. E poiché al peggio non c’è mai limite oltre alla presenza nei centri commerciali nel 2012 nasce RED Bistrot Libreria, il format che “unisce l’amore per la cultura con la passione per il cibo e il piacere dello stare insieme” come recita il sito aziendale. Tentativo quest’ultimo di ovviare alla scomparsa del mercato multiprodotto: la schöpferische Zerstörung (altrimenti nota come burrasca di Schumpeter) non lascia scampo a chi irrobustiva il bilancio vendendo anche musica e home video. Blockbuster è un esempio di scuola: dopo aver aperto 9000 negozi in tutto il mondo, morì ammazzata dall’avvento di Netflix & Co.

I quattro (divenuti nel frattempo otto) sciagurati che nonostante tutto continuano a likarmi* su faccialibro, giunti a questo punto si chiederanno perché mai essendo notoriamente il sottoscritto un vorace consumatore di libri detesti tanto il magico mondo dei Feltrinelli. La ragione è semplicissima: il nuovo business model come dicono quelli che non hanno fatto un master in “Business Administration” ma gli sarebbe tanto piaciuto, ha distrutto le ottime librerie che vendevano solo libri, trasformando degli ottimi librai in simil-cassiere Esselunga dagli occhi tristi e spenti che passano le giornate a fare “bip” con il lettore di codici a barre in mano.

Intendiamoci una volta per tutte: i librai, soprattutto quelli bravi, i libri mica li leggono. La loro competenza che, in alcuni casi come quello del direttore della Feltrinelli di Corso Buones Aires angolo via San Gregorio rasentava il miracoloso, sta nel citare a memoria la triade Autore-Titolo-Editore alla velocità che neanche Google; i migliori sapevano anche dirti al volo se il libro era in ristampa o fuori catalogo, e persino indicarti il bancarellista dove era più probabile trovarne una copia. L’appassionato, il maniaco o più semplicemente il lettore distratto, aveva la certezza che un angelo della cellulosa l’avrebbe aiutato e in certi casi salvato. Oggi, nell’età dei registri informatici, nessuno sa più una mazza. Competenze raffinatissime – per dire: gente che cantava a memoria il catalogo Ricordi – sono diventate persino più inutili della tessera del Pd.

Purtroppo per gli eredi della sempre sorridente Inge, la rivoluzione digitale ha picchiato duro. Un paio di mercati se ne sono andati in fumo alla velocità di una canna contesa da troppi pretendenti, e anche il Covid non ha giovato. Chiacchierando come sempre cerco di fare con le persone intelligenti (rare, ma ci sono ancora) al di là della cassa, ascolto la preoccupazione di chi teme per il proprio futuro. Gli italiani non leggono, preferiscono lo Spritz anche nei punti vendita multi-cosi Feltrinelli. E se leggono, lo fanno pure male stando alle statistiche di vendita che premiano il peggio: “Sono scomparsi il gusto dell’approfondimento, il senso della fatica, il lettore cerca di non fare sforzi, gli va bene l’italiano basico. Questo poi si vede benissimo nelle classifiche dei libri più venduti, che sono assolutamente agghiaccianti, la vera letteratura si sta rigirando nelle riserve. C’è un rifiuto di affrontare la complessità. Non abbiamo ancora capito che un Paese vale per quello che sa” afferma Ernesto Ferrero intervistato da “La Lettura” del 4 giugno scorso. (Spero solo che la signora Murgia non l’abbia letta, povera cara sensibile com’è).

Eppure, nonostante tutto, anche da Feltrinelli ci trovi ancora i feltrinellibelli. Li chiamo così quando, pur non sapendo chi mi risponderà, pietisco via WhatsApp una prenotazione, supplico una riservazione, imploro ai miei pusher la richiesta di una copia del tal libro, del tal autore: presto, in fretta, subito. Prima che sparisca dai banconi (durata media: due settimane) e finisca a Vattelatesca diosolosadove. L’altrieri sono andato di persona nel Feltrinelli più vicino a casa. Purtroppo dietro al bancone non c’era nessuno dei miei feltrinellibelli, ma un creaturo dal volto corrucciato e scuro. Volevo ordinare di Alfonso Belardinelli “Un secolo dentro l’altro” (Il Saggiatore 2022). Un libro che costa caruccio: 32 euro. Il volume – come spesso accade – non era disponibile, bisognava farlo arrivare. Non sono certo di acquistarlo, ho detto. Mi è stato risposto che in tal caso avrei dovuto pagare una commissione. Ne è nata una discussione civile nei toni, sgradevolissima nei contenuti. Questa non è una biblioteca, ordini pure su Amazon se preferisce, mi è stato risposto. Poi, forse perché sono un papero anziano e parecchio cocciuto (o forse perché il creaturo corrucciato e scuro ha dato un’occhiata allo storico dei miei acquisti) il libro è stato ordinato senza vincolo alcuno. Il giorno in cui il Belardinelli è arrivato, c’erano non uno ma due feltrinellibelli alla cassa. Mi hanno spiegato che due terzi dei libri prenotati non viene acquistato. C’è un costo di consegna da parte di Messaggerie, o chi per esso. Feltrinelli perde soldi. La gabella è stata introdotta per questo. Severo ma triste, come si dice in questi casi.

Chi ha la mia età e ama leggere sa bene che in tutto il mondo civile e civilizzato la libreria è (era?) quel luogo dove potevi prendere un libro in mano e annusarlo e soppesarlo e leggiucchiarlo con calma per comprendere se era il caso di comprarlo o meno; in molti casi, contemplati e accettati dal libraio intelligente, c’era persino chi – studenti e pensionati poverelli – il libro se lo leggeva tutto “a gratis” in piedi in un angolo tranquillo della libreria. Si dirà che sono tempi andati; che “Com’era verde la mia valle” è un vecchio (e stucchevole) film degli anni ’40, sottintendendo che il mondo è cambiato e ancora cambierà. Tutto vero. Anzi verissimo. Ma niente mi toglie dalla testa che non sempre cambiamento sia parente stretto di miglioramento. E lo dice uno che le tirate anti-Ogm di Carlin Petrini fan venire l’orchite con frattura esposta peggio delle lucciole di Pasolini. Sostiene Ferrero che “un Paese vale per quello che sa”. Di questo passo mi domando se fra qualche anno saremo ancora capaci di preparare lo Spritz.

* Qualcuno pure mi cuora 🙂

aperolspritz_shot3_69