Sempre caro mi fu il Monumentale, il giardino più artificiale di Milano. Alberi d’alto fusto, qualcuno secolare, fischi di merli, gracchiare di corvi e cornacchie, furtive apparizioni di gatti, garriti di rondini. E poi, com’è noto e ovvio che sia, il gran teatro delle vanità, la secolare tenzone delle famiglie milanesi a colpi di architettura della memoria. Al tempo del Corona il cimitero dei milanesi doviziosi è se possibile luogo ancor più incantevole; domenica scorsa abbiamo compiuto il periplo incontrando solo due gatti e tre persone, per di più perfettamente mascherinate.
Guardando e riguardando la statuaria delle tombe, molte delle quali esprimono un commovente disprezzo del ridicolo, mi sono sempre chiesto quale fosse il rapporto che legava gli artieri (chiamarli artisti mi par eccessivo) e i committenti. Il progetto veniva approvato da futuro defunto, oppure la scelta toccava agli eredi? E l’approvazione avveniva con regolare contratto dopo l’esposizione di un bozzetto oppure necessitava di modello in scala? E in caso di contestazioni (pre o post mortem) si conveniva ad un rifacimento o l’opera veniva contestata in toto e la committenza annullata?
Come sempre acuminata l’opinione di Antonio Gramsci: “l’architettura pare di per sé, e per le sue connessioni immediate col resto della vita, la più riformabile e «discutibile» delle arti. Un quadro o un libro o una statuina, può tenersi in luogo «personale» per il gusto personale; non così una costruzione architettonica. E’ anche da ricordare indirettamente che l’opera d’architettura non può essere messa alla stregua delle altre opere d’arte per il «costo», l’ingombro, ecc. Distruggere un’opera costruttiva, cioè fare rifare, tentando e riprovando, non si adatta molto all’architettura”.
All’uscita ci imbattiamo nella foto che pubblico a corredo. Opera del caso o della divina preveggenza, l’involontario memento della distanza che noi viventi dobbiamo mantenere ci ricorda che tutto passa, tutto è passato e anche il virus che da solo non sa neppure riprodursi, prima o poi passerà. Sursum corda.