Seguo Francesco Costa dall’elezione precedente. Una newsletter settimanale sulle primarie americane (inevitabilmente chiamata “da Costa a Costa”, sic transit gloria mundi) che è poi gemmata in podcast e altri cazzabubboli digitali. Una newsletter documentata, precisa, ricca di spunti, informazioni e stimoli curiosi, preziosi e accuratissimi: lui, nel senso di Francesco, trascorre davvero mesi sul campo nel senso degli Usa, finanziato nell’ordine da sé stesso dal suo giornale (ilPost.it) e infine dai suoi lettori.
Naturalmente, neppure il documentatissimo Francesco Costa ci ha capito una cippa dell’elezione precedente, quella che ha dato la vittoria a Carotone. Anche lui, come tutti, pensava la spuntasse quella perfettina della Hillary, in arte Clinton. Ma a differenza di molti, diciamo di quasi tutti, Costa ha riconosciuto l’errore e da secchione qual è l’ha trasformato in profitto. È il libro di cui potete vedere la copertina. Interessante, documentato, benissimo scritto. Ma soprattutto indispensabile.
Perché, si chiederanno gli otto sfaccendati (nel frattempo sono cresciuti) che leggono questa fanzina. Perché racconta l’America quale è e non come pensiamo sia. Svelandoci che non sappiamo una mazza sul paese più importante al mondo. Un esempio al volo poi il libro se vi interessa ve lo comprate e così contribuite alla permanenza elettorale di Francesco; tutti sanno che negli USA le armi sono più numerose degli abitanti, quindi più di 327 milioni di pezzi. Pochi però sanno (e io con loro) che il 50% di tutti i fucili e pistole e mitragliatori in circolazione è posseduto dal 3% della popolazione. Che gli elettori bianchi e poveri che in prevalenza votano Trump sono finiti schiavi dell’eroina a causa di intossicazione legale da anti-dolorifici. Che agli Stati Uniti non frega una mazza del petrolio saudita in sè: loro hanno raggiunto da mo’ l’indipendenza energetica. Eccetera eccetera.
Non so se questa volta Francesco Costa ci acchiapperà. Se, primaria dopo primaria, indovinerà il nome dello o della sfidante democratica; né, soprattutto, se annuserà per tempo il vincitore finale. Io che di ottimismo della volontà ne ho sempre meno, ma in compenso il pessimismo senza intelligenza tracima peggio del latte sul fuoco, temo vinca nuovamente il carotone. A mani basse per assenza di rivali credibili. Ma questa è un’altra storia.
Dimenticavo. Francesco Costa appartiene per età ma soprattutto per cervello a quella genia di giornalisti che hanno (finalmente) compreso che Gutenberg è morto, McLuhan ha la tosse e neppure Eugenio Scalfari si sente troppo bene. Invece di fare battaglie non si sa se più ridicole o patetiche sul giornalismo che muore (“Compagni avanti, verso il Medioevo!” gridava quel progressista di Spartaco) usa la tecnologia per quello che è, e per quello che potrebbe diventare. Oggi, non dopodomani.