Requiescat in pace

By on Ott 16, 2019 in Contemporaneità

È sempre triste l’agonia di un giornale. Lo è ancora di più quando quel giornale è il tuo. Repubblica sta morendo di lisi. Tormentata dal morso dei refusi e dei fuori registro, si dissangua come un radiatore bucato: trovare uno giovane che dopo averla comprata la legga, è un’impresa come scovare un’edicola aperta. Eppure non vuole morire, e si agita e strilla e scalpita come un maiale che ha annusato il norcino. L’ultima rissa, il vecchio padre contro i figli, pare tratta dai romanzoni fine Ottocento stile “Demetrio Pianelli”, mentre invece è purtroppo vera come il rancore che gronda dalle dichiarazioni ufficiali.

Davvero una brutta fine per una testata che ha rivoluzionato il modo di fare i giornali nel nostro paese e per molti di noi ha supplito al compito di “intellettuale collettivo” per dirla con Gramsci, nel momento in cui i partiti della sinistra l’avevano totalmente dismesso: imparare a diventare riformisti in un paese senza riforme.

Come accade nelle migliori tradizioni, il giornale muore mentre il fondatore senescente assume con serena incoscienza le vesti del vecchio Re Lear. Senza la sua grandezza purtroppo.

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