“La vera arte non va mai spiegazzata”
Linus van Pelt
L’altro giorno il tram si ferma davanti al manifesto dell’ultimo evento della Fondazione Prada. L’avevo rimosso nonostante la sua forte caratterizzazione. Si tratta del “Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori”, progetto espositivo che “riunisce 538 opere d’arte e oggetti selezionati dal regista cinematografico Wes Anderson… e dall’illustratrice, designer e scrittrice Juman Malouf… e provenienti da 12 collezioni del Kunsthistorisches Museum e da 11 dipartimenti del Naturhistorisches Museum di Vienna”. Il pezzo memorabile al punto da dare il nome al progetto, è il sarcofago di Spitzmaus “una scatola di legno egiziana che contiene la mummia di un toporagno del IV secolo a.c.”.
Il modello a cui fa riferimento la mostra sono le Wunderkammer, le “stanze delle meraviglie” nelle quali a partire dal Cinquecento e sino alla fine del Settecento re, principi, aristocratici e altri soggetti dotati di cospicue risorse finanziarie esponevano oggetti straordinari, creati dalla natura o dalla bizzarra sapienza dell’uomo. Oggetti accumunati dall’originalità, dall’eccezionalità e dall’unicità tali da destare stupore e meraviglia. Le Wunderkammer come antenati dei moderni musei, insomma, la testimonianza della trasformazione del collezionismo privato (assai spesso privo di ordine e logica) in progetto culturale pubblico. E, cosa forse ancor più rilevante, la mutazione nel corso del tempo dell’idea stessa di “fenomeno artistico”.
La storia del topolino mummificato del IV secolo a.c. mi fa tornare in mente un vecchio amico, appassionato di ski e di montagna, collezionista di piccozze da ghiacciaio. Le Grivel in particolare, magnifici oggetti creati da un’azienda storica di Courmayeur, rappresentavano per lui la perfezione assoluta. Le teneva disposte in ordine di grandezza sulla parete del salotto di casa, giusto sopra una vetrinetta dove stavano in bella vista gli altri tesori della sua collezione di mirabilia, 17 esemplari di coprolite raccolti nel corso degli anni. “Guarda questo”, affermava rimirandone il delicato color marrone a contrasto col pallore della mano, “E’ di dinosauro!”.