Non so niente di Borsa, e ignorando l’immagine fantastasmatica è quella di un luogo oscuro e minaccioso dal quale conviene stare alla larga. L’ultimo rapporto risale a una trentina d’anni fa; avevo quattro spicci e con l’aiuto di un solerte promotore finanziario si sono volatilizzati che neanche la luce. Una conferma della Prima Legge della Borsotica (“il capitalismo è il sistema più efficace per separare gli imbecilli dal loro denaro“) testimoniata quotidianamente dal dilagare dei cazzabbubboli per fare trading on-line comodamente seduti sul cesso di casa.
Inutile forse dire che di Warren Buffet sapevo le cose che sanno tutti, cioè monate: è nato in Nebraska, il suo fondo ci ha il nome stravagante di una contea del Regno Unito, è il secondo uomo più ricco al mondo, ha 87 anni, gli sta sulle balle Donald, e ai suoi tre figli ha già annunciato che calvinisticamente non beccheranno il becco di un quattrino, salvo una fondazione a testa per opere di bene (?). Recentemente, grazie alle illuminate lezioni del mio amico Buddy Fox, ho imparato qualche cosa in più sul modo di Buffet di prosperare, ma poco: le strategie di Borsa continuano a risultarmi ostiche come il protosardo. Tuttavia l’antica idea della Borsa quale energizzante dell’economia reale, luogo dove si apparecchia il cibo per le idee, i progetti e le imprese, continuava a frullarmi nella testa.
L’altra notte però, sfogliando in ritardissimo i giornali, m’imbatto nella notizia già puntualmente annunciata dall’amico Buddy: l’investimento di Buffet in “Cattolica Assicurazioni”, 116 milioni per il 9 %. Gli esperti, i “tecnici” (termine che mi fa sempre venir in mente l’uomo del gas che controlla il contatore) si domandano cosa farà ora dei titoli appena acquistati che, grazie al suo acquisto, in sole 24 ore sono già schizzati alle stelle.
I più informati dicono “niente”. Pare infatti che Buffett ami raccontare che il suo miglior investimento sia stato l’acquisto della villetta in cui vive, acquistata nel 1958 per 31.000 dollari e valutata oggi 650.000. “La mia strategia è semplice” – ha dichiarato Buffett a Forbes, la rivista dei Paperoni – “trovare un’azienda sana, con un vantaggio competitivo che duri nel tempo, guidata da gente onesta e valida, in vendita a un prezzo interessante. Non vogliamo fare soldi in pochi mesi. Noi non vendiamo, ci interessano realtà che diano buoni profitti in 10, 20, 30 anni“.
Azenda sana, vantaggio competitivo, guidata da gente onesta e valida: è questa l’idea di finanza dell’uomo più in gamba al mondo nel fare finanza? Adesso comincio a comprendere perchè il mio amico Buddy ammiri tanto Buffet, un tipetto che ha garantito ai suoi azionisti un ritorno medio annuo sull’investimento del 19% negli ultimi 52 anni.
Azienda sana. Vantaggio competitivo. Guidata da gente onesta e valida. Se potessimo trasformarla in un manifesto politico (o meglio: in un patto firmato col sangue) altro che l’orrida Svizzera: in 10 anni avremmo annullato il debito pubblico e saremmo il paese più fico del mondo. Ma quanti Warren Buffett capaci a 87 anni di ragionare sul medio e lungo periodo ciircolano nel Belpaese? E se anche puta caso ci fossero, in quanti si apposterebbero all’angolo delle strade per spezzargli le gambe?