L’isola che non c’è

By on Set 14, 2017 in Filosofia

“Retrotopia” (Editori Laterza) è l’ultimo saggio di Zygmunt Bauman. Come ogni suo altro lavoro anche questo è un libro a tesi. Dopo l’età delle utopie del futuro e poi quella che ha negato ogni utopia, oggi viviamo l’epoca dell’utopia del passato. La nostra è l’epoca dell’incertezza, il futuro da radioso che era all’Inizio del Novecento si è fatto oscuro, gravido di minacce e pericoli, sicchè crollati sogni e progetti collettivi, anche l’idea di progresso si è privatizzata al punto che il “mio” progresso non corrisponde più necessariamente al “tuo”, anzi confligge.

La politica, lo strumento per eccellenza per modellare il futuro, ha fallito sostiene Bauman; oggi invece di “inventare futuro” ha traslocato armi e bagagli nelle stanze assai più confortevoli della memoria collettiva, lo spazio che permette di giocare sulle identità e distinguere i buoni dai cattivi. Dove i primi siamo “noi” e i secondi tutti “gli altri”.

Come per magia il passato (prossimo o remoto) diventa l’età dell’oro. Il tempo della sicurezza, delle certezze, del futuro programmabile. Un processo paradossale che ciascuno può sperimentare di persona: quante volte abbiamo conversato con anziani che ricordavano con nostalgia gli anni di naja senza comprendere che stavano rimpiangendo non le guardie e le corvée ma la loro giovinezza?

L’idea di progresso, di futuro migliore del passato e del presente, è un’invenzione recente. Per millenni è stato detto che non c’era nulla da scoprire né tantomeno da inventare: sapevamo tutto. Bastava leggere e interpretare i testi sacri, la Bibbia, il Talmud, piuttosto che il Corano. Farsi domande, esprimere dubbi o nuove certezze era un esercizio piuttosto pericoloso come sperimentarono sulla loro pelle Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Galileo.

La scienza dal dubbio elevato a sistema. Non conosco, quindi voglio comprendere, è il manifesto della nostra civiltà da cui nasce la nuova idea di umanesimo che distingue la nostra da ogni altra epoca. L’utopia, parola inventata da Tommaso Moro che significa “luogo che non esiste”, è il propellente di cui non possiamo fare a meno. Senza, non si va da nessuna parte.

 

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