La ragione era di tipo economico dicono i dirigenti. Ma aver scelto per la squadra dei giovanissimi, ragazzi di 12-13 anni, maglie di colore fucsia si è rivelata una pessima idea. Si è passati in fretta dagli sfottò agli “insulti omofobi”, come si dice nel gergo politicamente corretto. A dare dei froci ai ragazzini sono stati i rivali, giovinotti poco più grandi. Naturalmente nessun “adulto” (dirigenti, allenatori, genitori) ha preso le distanze né assunto qualche responsabilità (La notizia completa, ammesso che abbiate voglia di approfondire le schifezze, la trovate qui).
Un episodio che fa da corollario al caso Sarri-Mancini che conferma, ammesso che ce fosse bisogno, lo stato penoso in cui versano i nostri circuiti educativi. Il mio amato edicolante di Città Studi, interista illuminato e allenatore per diletto di squadre di ragazzini, ha deciso di mollare il colpo dopo quarant’anni di attività. Il motivo non dipende dall’età o dagli acciacchi. Il problema sono i genitori: peggiorano di anno in anno. Dice che la soluzione sarebbe allenare una squadra di orfani per non sentire le urla e gli incitamenti assassini rivolti ai pargoli dell’una e dell’altra squadra. Ogni tanto i genitori provano anche a menarsi. Con qualche successo pare.
Per fortuna si tratta di famiglie composte da mamme e papà; famiglie “normali”, quelle che tanto piacciono ai picchiatelli come Adinolfi, il signore sovrappeso che invita i genitori a censurare Kung Fu Panda 3 perché fa il “lavaggio del cervello gender”. Insomma, pare proprio che abbia ragione Don Vito Corleone: “la famiglia è importante”. A volte anche troppo.