Accadde in America, seconda puntata: il Super Tuesday

By on Feb 14, 2016 in Comunicazione, Contemporaneità

Avvertenza, spero del tutto inutile: in questa paginetta elettronica si parla di quell’ormai universalmente sgradito e sempre più sgradevole fenomeno che va sotto il nome di politica in qualità di “operatori della comunicazione”, tipica espressione della coscienza postmoderna che fa inevitabilmente il paio con “operatore ecologico” e “diversamente abile” (ma questa è un’altra storia). E il fenomeno, in tutti i sensi, delle primarie americane è squisitamente una storia di comunicazione, laddove i contendenti usano (nel bene e nel male) tutti gli strumenti della comunicazione moderna: dalle indagini di mercato al data mining; dallo studio dei competitor all’uso dei social; dalla strategia di posizionamento agli esercizi di retorica applicata.

Che poi il paese più grande (nel senso di great) e potente al mondo si trovi nella situazione di scopiazzare gli eventi che la nostra cara, piccola italietta perseguì con indubbia originalità già vent’anni fa, è solo la riprova dell’intatta forza propulsiva del design italiano. (ogni riferimento a bizzarri miliardari con seri problemi tricologici che con indubbia abilità scalano le vette del potere è consapevolmente voluto).

Veniamo al dunque con un altro contributo del nostro corrispondente da Indianapolis Mariella Ray (chi vuol sapere cosa ci faccia laggiù clicchi qui). Il tema del suo post è il super martedì. Sì, lo so. Ne avete letto sufficit, oppure non vi frega niente. Ma leggete lo stesso. Ne vale la pena.

Politica all’ingrosso.

Oggi parliamo del ruolo del Super Martedì nelle primarie presidenziali americane. Troppo comoda e troppo facile la politica al dettaglio degli Stati come Iowa , New Hampshire, South Carolina e molti altri dove i candidati hanno la possibilità di passare molto tempo prima della votazione organizzando innumerevoli incontri con gli elettori e dicendo sostanzialmente quello che gli elettori vogliono sentirsi dire: in Michigan si deve riportare lavoro nell’industria automobilistica, in Florida bisogna lavorare sull’immagine per attrarre il turismo internazionale, e così via. Ecco che allora nel 1988  il Comitato Nazionale del Partito Democratico, insieme ad un gruppo di Stati del sud che sentivano di dover affermare il proprio ruolo nella nomination del loro candidato, istituisce il Super Tuesday, che diventa una sorta di prova generale per le elezioni di Novembre.

Perché una prova generale? Perché con quindici Stati che votano tutti insieme nello stesso giorno e assegnano più di 1700 delegati, la sindrome dell’Iowa e dei rapporti one-on-one va dimenticata e i candidati devono invece confrontarsi su un terreno molto più ampio e con messaggi più globali. Non che l’economia, la politica estera, l’immigrazione o la sicurezza nazionale non siano già stati ampiamente discussi  prima del Super Tuesday,  ma il messaggio deve diventare forte e chiaro per un gran numero e una grande varietà di elettori. Insomma, politica all’ingrosso e non più politica al dettaglio, ovvero capacità di vendersi su larga scala e in modo molto meno personalizzato.

Detto questo, il Super Tuesday mette alla prova non solo i candidati ma anche la capacità delle loro campagne di sostenere i costi di questa maratona da uno stato all’altro, con grande vantaggio per quelli che possono contare su fondi molto consistenti. Jeb Bush è  uno di questi, con i suoi 155 milioni di dollari raccolti nonostante le sue tristi performance (cosa può fare un nome!) Ma Bernie Sanders, a colpi di donazioni di una media di 27 dollari a persona, ha raccolto ad oggi ben 75 milioni di dollari e altri 5 milioni subito dopo la sua vittoria nel New Hampshire (cosa può fare la voglia di cambiamento!).

La frenesia del Super Tuesday produce di tutto: da maratone televisive pre e post, a previsioni di risultati basate su qualsiasi cosa sembri plausibile; da dibattiti televisivi senza fine a ogni tipo di cattiveria diffusa contro gli avversari. Ma anche prese in giro molto divertenti come quelle di Jon Stewart o Saturday Night Live, oppure questo video prodotto e diffuso subito dopo i risultati del Super Tuesday del 2012

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