Trovo molto interessanti le riflessioni del teologo Vito Mancuso sul Sinodo dei vescovi. Non tanto per le posizioni originali che assume (nel libro L’anima e il suo destino ad esempio dichiara di non accettare quattro dogmi della dottrina cattolica) quanto per gli stimoli che la sua lettura dei fatti offre anche a un non credente come me.
Quando Mancuso afferma che il baricentro della chiesa di Benedetto XVI sta nella “verità”, mentre in quella di Francesco lo si trova nella “misericordia”, è inevitabile (almeno per me) non ripensare al lavoro su Socrate della Arendt letto nei giorni scorsi. Ancora una volta, da Platone in poi, lo scontro è tra la “verità”, che per definizione non può che essere unica e oggettiva, e la dimensione soggettiva della pluralità, che è vasta e mutevole quanto la vita degli uomini. Di nuovo, “L’Idea”, per definizione divina e perfetta, contro la doxa, contro sentimenti, bisogni, contraddizioni e limiti degli uomini vivi, veri e reali.
Nella chiesa post-sinodale secondo Mancuso si è imposto il primato delle persone rispetto a quello delle regole. Me lo auguro vivamente per tutti coloro che sentono la necessità di vivere la loro fede nel rispetto di una mediazione terrena. Per quanto mi riguarda, quanto più nel mondo troveranno spazio e pratica parole come compassione, fratellanza, misericordia, tanto maggiore sarà la speranza di un’umanità un po’ più umana e un po’ meno bestiale.