Il “Manifesto del nuovo realismo” di Maurizio Ferraris (Editori Laterza, 8,50 euro) è l’ennesima dimostrazione di come, meccanica quantistica esclusa, sia possibile parlare con chiarezza, semplicità e immediatezza di qualunque argomento senza perdere un centimetro di profondità e di consistenza.
Perchè consiglio vivamente di leggere il “Manifesto del nuovo realismo”, un saggio di filosofia? Per quattro ottime ragioni.
- Per comprendere il significato e la portata storica del post-modernismo e del cosidetto pensiero debole, ovvero le filosofie che postulando la fine delle ideologie negano in quache modo l’esistenza della realtà fattuale (“non esistono fatti, ma interpretazioni”)
- Perchè è al pensiero post-moderno (“il mondo non esiste, è una nostra costruzione concettuale”) che bisogna imputare la paternità della società del reality show e del populismo mediatico
- Perchè in un epoca complessa e terribilmente difficile come la nostra (chi sono i buoni e chi i cattivi?) la distinzione tra fatti e interpretazioni è vitale
- Perchè leggere di filosofia testi scritti con chiarezza, semplicità e onestà intellettuale è un esercizio utile quanto mezz’ora di aerobica al giorno; fa bene alla mente, fa bene alla pancia.
Tesi di fondo di Ferraris: bisogna distinguere e separare l’ontologia (le cose che ci sono) dall’epistemologia (quello che sappiamo o crediamo di sapere sulle cose). Una montagna, un lago, il mare, la matematica, esisterebbero anche se l’umanità non esistesse. (Al contrario, un matrimonio, una polizza assicurativa, un titolo di Borsa, no perchè sono realtà sociali, oggetti che abbiamo costruito noi).
Secondo Ferraris mischiando ontologia ed epistemologia – le cose che esistono con quello che sappiamo di loro – il post-moderno finisce col fare un risotto per dirla alla Salvini, uno dei “pensatori” più abili nell’uso della retotrica farlocca. I risultati sono incredibili e (spesso) ridicoli: l’acqua mi bagna anche se non sono a conoscenza della sua composizione chimica; il fuoco mi scalda (o mi brucia) anche se non so che è il frutto di un’ossidazione. Il Tirannosauros Rex poi, esisteva qualche milione prima di quando noi lo abbiamo “nominato” attribuendogli sembiante e funzione (epistemologia). E sarebbe comunque esistito e anche se noi non l’avessimo, 60 milioni di anni dopo, scoperto e nominato. Noi abbiamo inventato solo il nome del T-ReX, non la sua “realtà”: i suoi denti e la sua ferocia sarebbero esistinti ugualmente qualunque nome gli avessimo dato, anche Puccettino.
I pensatori post-moderni, i teorici del pensiero debole, sognavano un mondo liberato dalla tirannia della ragione. Il risultato è invece il trionfo del populismo mediatico (tutti possono aver ragione: i fatti non esistono) e del relativismo anti-illuminista che spiana la strada a vecchi e nuovi dogmatismi, vecchie e nuove schiavitù. Come gli esilaranti, se non fossero tragicamente stupidi, appelli di persone in buona fede che, nel Giorno della Memora invitano sulla loro paginetta FB ad unirsi conto “tutti i genocidi”.
Eppure negare ostinatamente la realtà e non esercitare l’arte della distinzione, è un’abitudine palesemente rischiosa: la cacca non è cioccolato, anche se entrambe sono marroni.