Lola non andare a scuola, basta la parola, balla il Charleston

By on Mag 9, 2018 in Contemporaneità

“Studente frattura il naso con un pugno a un docente ad Avellino” è in ordine temporale l’ultima aggressione di cui la cronaca narra.  Pare che l’insegnante lo stesse rimproverando per l’uso diciamo disinvolto del motorino nel cortile di scuola. Sceso dal mezzo la creatura, un volitivo diciassettenne, ha sferrato il pugno che ha messo ko l’insegnate. Fine dell’incontro: lo studente in aula come se nulla fosse, l’insegnante al pronto soccorso a rimuginare (rimuginare?) se fosse il caso o meno di sporgere denuncia.

L’allegra commediola (m’immagino lo spasso dei presenti) mi riporta alla mente le polemiche suscitate dall’amaca di Michele Serra di un paio di settimane fa riguardo ai comportamenti tendenziali dei fanciulli delle classi così dette “alte” rispetto a quelli che un tempo avremmo deamicisianamente chiamato “figli del popolo”. Ovviamente di sociologia avellinese immagino di saperne quanto i quattro amici che insistono a leggermi, cioè una beata mazza; magari il picchiatore è il figlio prepotente del farmacista o del notaio, non è questo il punto. Ciò che rende emblematica questa storia insieme a tutte le altre di follia scolastica, è la mancata percezione da parte dei violenti di stare per commetterla davvero grossa, un’assenza di freni inibitori degna di Raskol’nikov, lo studente di “Delitto e castigo” che ammazza la vecchia usuraia per quattro copechi.

Nei decenni passati in questo paese si lottò parecchio affinché la scuola divenisse un’opportunità per tutti prim’ancora che un diritto. Ricordo l’orgoglio e la consapevolezza di chi, per ottenere il diploma di terza media, partecipava ai corsi per lavoratori delle “Centocinquanta ore” ai quali per un breve periodo ebbi la fortuna e il privilegio di insegnare. (Bei tempi davvero, quando il sindacato era capace di pensare alla società nel suo complesso e il “sapere” – saper fare, saper pensare – era considerato un valore quasi quanto la disponibilità di denaro…).

In fondo c’è da essere grati al giovane picchiatore di Avellino. Ci ricorda che, come tutti i diritti, anche il diritto allo studio si rispecchia in un dovere, quello di aver bisogno e desiderio di apprendere. Diciamo che a scuola dovrebbe andare solo chi lo merita.

fd