Adesso che vengono giù anche i ponti (ma la wave dei crolli è iniziata da un pezzo) qual è lo stato dell’arte di saper fare le cose a regola d’arte? Ovvero il metro per distinguere il bravo artigiano (ingegnere, architetto, meccanico, falegname, maestra d’asilo, banconista al super, chirurgo, deputato, operatore ecologico, ministro, vigile del fuoco eccetera eccetera) dall’incapace, dal cazzaro, dal velleitario. Specie quest’ultima la più endemica e la più pericolosa.
In quest’estate di vergogna e di dolore ho incontrato un piccolo esempio di stato dell’arte. Di cose fatte a “regola d’arte”. Un piccolo libro inutile per i più dedicato a Mario Praz, critico, storico della letteratura, saggista, esperto d’arte, collezionista e molte altre cose, abbastanza dimenticato anche se indimenticabile: grazie alle sue pagine più d’uno è cresciuto almeno d’una spanna. Un piccolo libro impaginato e stampato in modo squisito, rilegato come si faceva un tempo: le pagine vanno separate con l’uso di adeguato tagliacarte usato con la dovuta maestria (esercizio desueto che interrompendo periodicamente la lettura favorisce l’esercizio salutare della ruminazione del testo).
Insomma, non dovrebbe essere poi così difficile e tantomeno impossibile fare bene le cose: dai ponti sino alle leggi per controllare lo stato dei ponti affinché le genti che vi transitano non abbiano a morire nel modo più spaventoso e più stupido. Non dovrebbe, eppure accade e continuerà ancora chissà per quanto.
(Per i quattro perditempo che ancora insistono a leggere libri perfettamente inutili – ben pensati, ben scritti e ancor meglio editati – il riferimento è: Raffaele Manica, “Praz”, Italosvevo).